Contraente generale: il giochino si è rotto…..

Tempi difficili per i direttori dei lavori nominati dai contraenti generali!

E forse, chissà, anche per i RUP e per gli uffici alta vigilanza delle stazioni appaltanti…..

Lo scorso 26 ottobre, due inchieste sull’asse Roma-Genova hanno portato all’esecuzione di numerosi arresti in tutt’Italia per i lavori riguardanti, tra l’altro, la realizzazione del VI° Macrolotto dell’Autostrada Salerno-Reggio Calabria, la cui inaugurazione è prevista entro fine anno.

Al di là delle vicende prettamente giudiziarie e dei reati contestati, l’ordinanza di custodia cautelare riveste un ruolo di estrema importanza per quanto riguarda l’esatto inquadramento delle funzioni attribuite dal nostro ordinamento al contraente generale ed al direttore dei lavori da questi nominato.

E sì perché solo successivamente alla promulgazione della Legge 28 gennaio 2016, n. 11 è entrato in vigore il divieto di cui all’art. 1, comma 9, a mente del quale “A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, è comunque vietata negli appalti pubblici di lavori, affidati a contraente generale ai sensi dell’articolo 176 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, l’attribuzione di compiti di responsabile o di direttore dei lavori allo stesso contraente generale. Il suddetto divieto si applica anche alle procedure di appalto già bandite alla data di entrata in vigore della presente legge, incluse quelle già espletate per le quali la stazione appaltante non abbia ancora proceduto alla stipulazione del contratto con il soggetto aggiudicatario.”

Divieto poi ribadito (ed allargato) dall’art. 31 del nuovo Codice appalti “E’ vietata, negli appalti pubblici di lavori aggiudicati con la formula del contraente generale e nelle altre formule di partenariato pubblico-privato, l’attribuzione dei compiti di responsabile unico del procedimento, responsabile dei lavori, direttore dei lavori, di collaudatore allo stesso contraente generale o soggetto aggiudicatario dei contratti di partenariato pubblico-privato o soggetti ad essi collegati”.

Fino a gennaio scorso, invece, tutte le stazioni appaltanti incaricate di realizzare infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale (anche se dotate come ANAS di centinaia di ingegneri) hanno ritenuto compatibile con il perseguimento degli interessi pubblici (cui dovevano conformare la propria attività) non solo il ricorso all’affidamento al contraente generale ma, anche, l’applicazione della scellerata (e consapevole) scelta normativa secondo cui il direttore dei lavori poteva essere nominato dalla stessa impresa che eseguiva i lavori: in pratica, il controllato è stato lasciato libero di scegliere il proprio controllore.

E cosa ancor più grave – che solo le recenti (e future) inchieste della magistratura potranno (se vorranno) disvelare in tutta la gravità – è rappresentata dal fatto che per anni il “mercato” della direzione lavori dei general contractors si è incredibilmente concentrato, sotto lo sguardo tollerante e complice del committente, nelle mani di pochissimi (e sempre più ricchi) studi di ingegneria senza che i relativi incarichi fossero attribuiti sulla base della benché minima procedura ad evidenza pubblica.

E non basta.

I direttori dei lavori hanno anche potuto (con la stessa opacità amministrativa) essere sostituiti (o affiancati) da altri soggetti grazie all’intervento di “forze esterne” che, in alcuni casi, hanno determinato – sulla base della localizzazione geografica dell’intervento da realizzare e/o del mutamento dello scenario politico, regionale o nazionale – il subingresso di “direttori dei lavori” privi dei necessari requisiti di qualificazioni o addirittura facenti parte dello stesso contraente generale.

[blockquote]In pratica – nonostante vi fosse solo la mera possibilità e non l’obbligo che il contraente generale nominasse il direttore dei lavori – l’interpretazione dell’art.176, comma 2, punto d), del DLgs 163/2006 è stata piegata fino a tal punto che il “direttore dei lavori” piuttosto che tutelare gli interessi dell’amministrazione committente diventasse progressivamente (ma rapidissimamente) il principale strumento per operare il totale svuotamento delle prerogative dell’amministrazione pubblica.

E, già per solo questa ragione, si comprende bene come sia stato possibile che pochissimi “direttori dei lavori” potessero avere così tanti incarichi contestualmente, che le riserve contabili raggiungessero livelli da manovra finanziaria, che le spese di progettazione potessero costituire in alcuni casi l’occasione per un indebito arricchimento da parte del contraente, che le varianti (finanche approvate in taluni casi senza il parere obbligatorio del progettista) fiorissero anche fuori stagione e che, come ci svela la recente inchiesta giudiziaria, subappalti ed affidamenti fossero dispensati secondo pratiche illecite.[/blockquote]

Il tutto sotto gli occhi (incapaci o complici) degli “uffici di alta sorveglianza” e dei “responsabili del procedimento” del committente, al momento apparentemente neppure lambiti dall’inchiesta medesima.

Ma andiamo avanti.

[highlights]L’inchiesta di cui abbiamo accennato, in apertura di questa breve riflessione, ha il grande merito, tra l’altro, di eliminare ogni dubbio su due questioni fondamentali:

  1. il contraente generale svolge la funzione di amministrazione aggiudicatrice e
  2. il direttore dei lavori svolge una funzione pubblica affidatagli dal contraente generale[/highlights]

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Nel “silenzio della legge” e grazie alla lettura di parte, che nel corso degli anni si è fatta dell’art.176, l’individuazione delle responsabilità e degli obblighi è stata rimessa, esclusivamente ai documenti contrattuali cui avrebbe dovuto essere affidato il compito di intervenire precisando quegli aspetti e quei concetti lasciati dal Legislatore privi di reale portata applicativa.

Ma così non è avvenuto e l’istituto dell’affidamento a contraente generale è stato capziosamente interpretato come la ghiotta occasione per immaginare una deresponsabilizzazione della stazione appaltante e per diluire doveri ed obblighi degli incaricati di funzioni pubbliche.

La Procura della Repubblica di Roma, invece, ha improvvisamente risvegliato, dal dolce e dorato sonno in cui si erano abbandonati, tutti coloro che a vario titolo sono coinvolti nell’esecuzione di una delle opere affidate ad un contraente generale.

Telefonate ai colleghi, approfondimenti su internet, consulti con avvocati…..

Tutti a cercare di capire se è proprio vero che le cose stanno così.

Tutti alla spasmodica ricerca di una vana conferma di aver compreso male le motivazioni delle contestazioni mosse al contraente generale ed al direttore dei lavori.

Ma come?

Non si era detto che il contraente generale doveva provvedere all’esecuzione dei lavori “con qualsiasi mezzo” come recita l’art.176, comma 2, lettera d)?

Non era vero che i rapporti instaurati dal contraente generale con i terzi sono rapporti di diritto privato a cui non si applica il codice degli appalti?

Si, questo è tutto vero ma è soltanto una parte della verità: quella che è piaciuta di più!

L’altra è che il contraente generale, possedendo tutti i requisiti previsti dalla normativa, non soltanto è un organismo di diritto pubblico ma anche un’amministrazione aggiudicatrice.

Grazie al ruolo assunto rispetto all’esecuzione dell’appalto nell’ambito della quale è chiamato allo svolgimento di un ruolo manageriale e di gestione di risorse pubbliche, il contraente generale diventa il vero committente relativamente ai rapporti che instaura con le imprese chiamate ad eseguire l’opera e, in quanto amministrazione aggiudicatrice, è responsabile dal punto di vista civile, penale e contabile al pari del soggetto aggiudicatore.

In più, per quanto riguarda il Direttore dei Lavori, il Giudice per le Indagini Preliminari, nel richiamare quanto precedentemente chiarito dall’AVCP (oggi divenuta ANAC), dall’OICE e dalla stessa Cassazione, ha ricordato che “sussiste – in modo incontrovertibile – una funzione pubblicistica del contraente generale con poteri autoritativi tipici della stazione appaltante tra cui quelli della direzione lavori o meglio (ai fini investigativi) la qualifica di pubblico ufficiale di quest’ultimo, come individuata oramai costantemente dalla Cassazione.

Ma a questo punto ci poniamo alcuni quesiti.

[blockquote]

Se le cose stanno effettivamente così quali sono le responsabilità dirette del responsabile del procedimento (almeno questo) nominato dalla stazione appaltante?

E quali quelle dei cosiddetti “uffici di alta vigilanza”?

Il responsabile del procedimento [stando a quanto previsto dall’art. 10, comma 1, lettere l) ed r), del Dpr 207/2010] non avrebbe dovuto “promuove(re) l’istituzione dell’ufficio di direzione dei lavori ed accerta(re) sulla base degli atti forniti dal dirigente dell’amministrazione aggiudicatrice preposto alla struttura competente, la sussistenza delle condizioni che ai sensi dell’articolo 90, comma 6, del codice giustificano l’affidamento dell’incarico a soggetti esterni alla amministrazione aggiudicatrice” nonché  “svolge(re)la funzione di vigilanza sulla realizzazione dei lavori nella concessione di lavori pubblici, verificando il rispetto delle prescrizioni contrattuali”;?

Come è possibile immaginare che i reati contestati siano stati perpetrati così diffusamente e per così lungo tempo senza che il committente se ne accorgesse?

E, soprattutto, cosa è successo in tutti gli altri affidamenti a contraente generale operati dalle medesime stazioni appaltanti ….??[/blockquote]

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