Manutenzione straordinaria di ponti e viadotti. Ma l’autorizzazione sismica viene richiesta (e rilasciata)?

Mentre si susseguono le ispezioni, le linee guida, le circolari, le inaugurazioni e i monitoraggi di ogni genere e tipo, i lavori di manutenzione straordinaria di ponti e viadotti continuano ad essere appaltati senza alcun progetto (né definitivo né esecutivo) e, forse, senza autorizzazione sismica. Ma quest’ultima cos’è e quando deve essere rilasciata? Quali sono le conseguenze in caso di esecuzione delle opere in mancanza di autorizzazione?

31 luglio 2020 – Inaugurazione Viadotto Himera

 

Lo scorso 15 maggio, in ossequio a quanto previsto dal cd. “sblocca cantieri” (Decreto Legge 32/2019), è stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 124, il D.M. Infrastrutture e Trasporti 30 aprile 2020, denominato “Approvazione delle linee guida per l’individuazione, dal punto di vista strutturale, degli interventi di cui all’art. 94-bis, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001, nonché delle varianti di carattere non sostanziale per le quali non occorre il preavviso di cui all’art. 93.

Come è noto, il decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, nato per dare un filo logico alla struttura legislativa e regolamentare del settore, non era riuscito nel proprio intento, tanto da essere stato oggetto, nel corso di questi ultimi quindici anni, di decine di modifiche le quali, lungi dal semplificare, ne avevano resa, di fatto, più difficile l’applicazione.

Occorreva, quindi, una ristrutturazione organica dell’intera disciplina delle costruzioni che individuasse chiaramente i principi fondamentali, riorganizzasse le procedure e definisse con altrettanta chiarezza i confini della legislazione regionale concorrente.

Per ovviare a tali criticità, la normativa nazionale ha subito una sostanziale modifica e integrazione con l’entrata in vigore del D.L. del 18 aprile 2019 n.32 (c.d. “Sblocca Cantieri”), convertito con modifiche con la Legge 14 giugno 2019 n.55 detta “Disposizioni in materia di semplificazione della disciplina degli interventi strutturali in zone sismiche” apportando variazioni al D.P.R. 380/01, in particolare per quanto attiene le procedure tecniche e amministrative cui sono soggette le pratiche sismiche.

Nello specifico – attesa l’esigenza di riordinare la complessa normativa edilizia (caratterizzata da una serie di iniziative legislative e regolamentari che nel corso degli anni si erano sommate, spesso in modo caotico, senza una coerenza logica e sistematica) – furono modificati gli articoli 59, 65 e 67 ed introdotto l’articolo 94-bis (Disciplina degli interventi strutturali in zone sismiche) secondo cui gli interventi edilizi sono stati suddivisi in tre macro-categorie:

  • interventi «rilevanti» nei riguardi della pubblica incolumità,
  • interventi di «minore rilevanza» e
  • interventi «privi di rilevanza»,

con l’intento di consentire una più razionale e graduale applicazione delle procedure tecnico-amministrative, sulla base, appunto, della maggiore o minore «rilevanza» dello specifico intervento.

L’inserimento di quest’ultimo articolo, costituì la novità più importante poiché appunto ha sancito, ai fini della semplificazione e nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 52 e 83, una nuova classificazione degli interventi, in funzione dell’ importanza ai fini della tutela della pubblica incolumità e soprattutto la necessità del rilascio, per gli interventi rilevanti nei confronti della pubblica incolumità, l’autorizzazione scritta del competente Ufficio tecnico della Regione (comma 3); mentre per gli interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza resta sufficiente la sola denuncia (comma 4).

Per rendere, tuttavia, concreta l’applicazione di tale principio, apparve da subito necessaria una chiara identificazione delle caratteristiche sulla base delle quali un intervento potesse essere, agevolmente, collocato in una delle macro-categorie piuttosto che in un’altra.

Per questa ragione, nel rispetto delle regole che disciplinano la legislazione concorrente, sono state emanate le Linea guida di cui discutiamo (espressamente previste dal comma 2 del citato art. 94-bis) che hanno assolto il compito di fornire i criteri di carattere generale sulla base dei quali ciascuna regione potrà redigere la specifica elencazione che assegni le diverse tipologie di interventi ad una specifica macro-categoria, uniformandosi a principi validi sull’intero territorio nazionale, pur nel rispetto delle peculiarità e delle specificità che caratterizzano ogni area regionale.

E, soprattutto, non vi saranno più scuse o motivi per non uniformarsi ai principi validi sull’intero territorio nazionale.

Ma concentriamoci sugli interventi che non possono essere avviati senza il preventivo rilascio di un’autorizzazione scritta del competente Ufficio tecnico della Regione. Quali sono?

La macro-categoria “Interventi «rilevanti» nei riguardi della pubblica incolumità” comprende tutti quegli interventi che, per caratteristiche strutturali, dimensioni, forma e materiali impiegati, possono comportare, in caso di fallimento, un elevato rischio per la pubblica incolumità e per l’assetto del territorio. Si tratta, in sostanza, di opere o interventi che richiedono la corretta applicazione dei principi che regolano la scienza e la tecnica delle costruzioni, dei criteri posti a base delle norme tecniche, della modellazione delle strutture e dei più aggiornati software di calcolo; presupposti, tutti questi, necessari per la progettazione di opere le quali, pur nell’ambito dell’approccio probabilistico alla sicurezza valido in generale per tutte le costruzioni, devono fornire più solide e attendibili garanzie sulla corretta impostazione progettuale. E, conseguentemente, i relativi progetti delle predette opere devono essere sottoposti a più accurati controlli.

Gli interventi rilevanti sono di tre tipi:

  1. Interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche ad alta sismicità (zona 1) e a media sismicità (zona 2, limitatamente a valori di accelerazione ag compresi fra 0,20 g e 0,25 g).
  2. Nuove costruzioni che si discostino dalle usuali tipologie o che per la loro particolare complessità strutturale richiedano più articolate calcolazioni e verifiche.
  3. Interventi relativi ad edifici di interesse strategico e alle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, nonché relativi agli edifici e alle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un loro eventuale collasso. Sono compresi nella presente categoria tutte le nuove costruzioni e tutti gli interventi eseguiti sulle costruzioni esistenti, situati nelle località sismiche, attribuibili alle classi d’uso III e IV di cui al § 2.4.2 delle norme tecniche, realizzate nelle zone ad alta sismicità (zona 1) e media sismicità (zona 2), escluse quindi quelle a bassa sismicità (zone 3 e 4). Ai soli fini della individuazione delle tipologie, possono costituire utile riferimento gli elenchi A e B di cui all’allegato 1 al decreto del Dipartimento della Protezione civile 21 ottobre 2003, sia che trattasi di interventi a competenza statale che non.

Fatta questa doverosa premessa di carattere generale, è innegabile, quindi, che l’attuale impianto normativo debba, obbligatoriamente, essere tenuto in debito conto per affrontare una delle vere emergenze nazionali che mettono a grave repentaglio la sicurezza di milioni di automobilisti italiani: la manutenzione di ponti e viadotti stradali e autostradali.

Negli ultimi anni sono stati appaltati miliardi di euro per la manutenzione stradale e (dopo Genova) soprattutto per il monitoraggio e la messa in sicurezza delle opere d’arte (ponti, viadotti e sovrappassi).

Ma di tutto questo fiume di denaro, ben poco è stato aggiudicato in via definitiva e ancor meno è stato realizzato perché, in senso diametralmente opposto allo spirito del nuovo codice che avrebbe voluto riportare al centro la progettazione, si continuano a pubblicare accordi quadro senza porre a base di gara il benché minimo straccio di progetto; una furbesca invenzione (censurata delicatamente dall’ANAC solo in un’occasione ma, di fatto, dalla stessa incredibilmente tollerata fino ad oggi) poi, irresponsabilmente ed illegittimamente, replicata da tutti gli altri gestori (pubblici e privati) di opere infrastrutturali stradali e autostradali.

Ma, al di là, dell’indeterminatezza di tale categoria di appalti (e quindi della sostanziale nullità degli atti indittivi delle relative procedure che tutti fingono di non vedere) vi è un’altra questione, più importante, che potrebbe costituire un vero pericolo per milioni di italiani oltre che un immenso spreco di danaro pubblico: la mancata richiesta e/o il mancato rilascio, per l’appunto, dell’autorizzazione sismica regionale.

Tra gli interventi «rilevanti» vi sono, come detto, quelli “relativi alle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, nonché relativi agli edifici e alle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un loro eventuale collasso” e, tra questi, sicuramente le autostrade, le strade statali e le opere d’arte annesse (ponti, viadotti e sovrappassi), espressamente, indicate nei relativi elenchi A) e B) dell’Allegato 1 al decreto del Dipartimento della Protezione civile 21 ottobre 2003.

Ciò nonostante, le segnalazioni che ci pervengono dall’interno delle stazioni appaltanti e dal mondo imprenditoriale sembrano tutte confermare, invece, che (tranne sparute eccezioni) gli interventi riguardanti le autostrade, le strade statali e le opere d’arte annesse continuino ad essere appaltati, avviati, eseguiti e collaudati in assenza della prescritta autorizzazione sismica.

Non spetta ad AppaltiLeaks quantificare la relativa casistica ma, ne siamo sicuri, ci siamo in una situazione allarmante che merita una seria ed approfondita attività di verifica da parte del Ministero delle Infrastrutture, dell’ANAC e di tutti gli organi di polizia giudiziaria che saranno eventualmente delegati ad esperire le relative indagini.

Inutile, anche in questo caso, appellarsi o illudersi che gli organismi di controllo interni ai gestori (pubblici e privati) delle infrastrutture stradali e autostradali trovino il tempo e la voglia di occuparsi della questione… Vuoi per ignoranza, vuoi per negligenza e approssimazione, vuoi per la convinzione che, anche in caso di ulteriori crolli e vittime, nessuno sarà ritenuto responsabile, il modus operandi sembra non essere destinato a cambiare.

Dopo i quotidiani collassi di ponti e viadotti (a partire dal Ponte Morandi di Genova fino ad arrivare al viadotto di Albiano sul fiume Magra), tutti discettano di salvifici e fantasiosi sistemi di monitoraggio (ormai più numerosi ma parimenti inutili della miriade di mascherine antiCovid), di tempi record per la ricostruzione delle opere mai adeguatamente manutenute (invocati solo ad eludere trasparenza e concorrenza), di commissari dai super poteri (e dalla micro-competenza tecnica) e di semplificazioni normative (che garantiranno solo maggiore corruzione e abusi).

Nessuno pare volersi occupare, invece, dell’autorizzazione sismica di cui stiamo parlando e delle conseguenze che ne derivano dalla sua mancata richiesta o rilascio: neppure, sconsideratamente, le imprese appaltatrici.

Quest’atteggiamento, sicuramente agevolato dalle modeste sanzioni penali previste per l’esecuzione di lavori in violazione della sopraddetta normativa antisismica, è quindi destinato a non migliorare neppure dopo le numerose vittime della sconsideratezza, incompetenza e negligenza dei soggetti cardini di ogni appalto: progettista, rup, direttore dei lavori e collaudatore (oltre ovviamente a tutti superiori gerarchici previsti dall’organizzazione delle singole stazioni appaltanti).

Alla responsabilità di costoro si accompagna, come detto, quella dell’appaltatore che, quasi sempre, è inconsapevole di essere destinatario diretto del divieto di esecuzione dei lavori in assenza della prescritta autorizzazione di cui discutiamo o, peggio, non è neppure a conoscenza (al pari dei propri ‘consulenti’) della stessa esistenza di questo obbligo di Legge.

Intervistando progettisti, imprese e funzionari pubblici delle maggiori stazioni appaltanti, abbiamo potuto registrare, infatti, le più disparate e fantasiose teorie addotte a giustificazione della (inesistente) possibilità di eludere il divieto normativo e, quindi, di eseguire i lavori in assenza di espressa autorizzazione regionale.

C’è chi, sorridendo, adduce l’inutilità di sottoporre il progetto al vaglio di ‘tecnici’ regionali che non potrebbero svolgere neppure la funzione di segreteria all’interno delle poche società di ingegneria italiane specializzate in materia di ponti e viadotti.

O chi sostiene che, così facendo, i lavori non si farebbero mai e (forse a ragione) inveisce contro un legislatore che, con la mano destra, scrive un decreto semplificazioni e, con la sinistra, complica l’iter di approvazione dei progetti con inutili timbri e autorizzazioni di bizantina memoria.

O chi – ostentando sicurezza grazie alle confidenze rivelate da un’amica della sorella del nipote di un fantomatico altissimo dirigente del Ministero delle infrastrutture – sostiene l’esistenza di una non meglio precisata ‘circolare’ secondo cui “… non è così … anzi, prima era così …. poi hanno deciso che, per i lavori ‘statali’, basta la comunicazione … non serve l’autorizzazione …”.

O, infine, chi – facendo spallucce – ammette che il problema sussiste, sì, ma poco importa; quando e se qualcuno dovesse verificare, la colpa sarà del solito dirigente piazzato sulla poltrona che non meritava.

Questa la triste realtà di un Paese retto da leggi scritte male, comprese poco ed applicate peggio. O, molto più  spesso, semplicemente ignorate.

E, nonostante le Linee Guida, pare che non si possa neppure intravedere la luce in fondo al tunnel…

Basti pensare, ad esempio, a quello che sta accadendo nella Regione Basilicata (paralizzata dai fortissimi contrasti all’interno della maggioranza) il cui assessore alle Infrastrutture, Donatella Merra, ha ufficialmente promesso «lo smaltimento, entro la fine dell’estate, di tutte quelle pratiche che sono rimaste inevase» grazie a una nuova, ma non meglio specificata, metodica delle istruttorie «che prevede una serie di schede snelle e rapide, che gli istruttori dovranno utilizzare per l’approvazione dei progetti presentati» per poi passare all’ennesima riforma di settore, all’ennesima legge regionale, all’ennesimo regolamento …

Quando, invece, in Regione Campania (e quindi a così pochi km che basterebbe sbirciare dalla finestra per ‘copiare’ quanto ha fatto il vicino di banco) il problema è già stato risolto senza “schede snelle e rapide” ma semplicemente aggiornando le procedure per autorizzazione/deposito sismico e prevedendo due canali diversificati in base alla rilevanza dell’opera rispetto l’incolumità pubblica (segui questo link).

Staremo a vedere ma, nel frattempo, suggeriamo alle imprese di costruzione di pretendere l’ostensione del provvedimento autorizzativo regionale prima di dar corso ai lavori o, laddove già avviati, di proseguirli.

In questa delicata ma necessaria operazione possono, anche, appellarsi al Collegio Consultivo Tecnico previsto dall’art. 6 del recentissimo Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76, recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”. Il cd. “Decreto Semplificazioni” prevede infatti che, per i lavori diretti alla realizzazione delle opere pubbliche è obbligatoria, presso ogni stazione appaltante, la costituzione di un collegio consultivo tecnico “con funzioni di assistenza per la rapida risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto stesso”.

Una costituzione obbligatoria per i lavori sopra soglia e, ancorché facoltativa per quelli di importo inferiore, assolutamente necessaria e ineludibile in caso di mancata richiesta o rilascio dell’autorizzazione sismica prevista dall’art. 94-bis, comma 3, del d.P.R. n. 380/01.

E se qualcuno ne avesse bisogno, AppaltiLeaks sarà ben lieta di aumentare il numero degli imprenditori a quali fornisce, quotidianamente, assistenza e supporto.

Occhio a dare per scontato che tutto sia a posto, attenzione alle false rassicurazioni della committenza: si rischia una sicura condanna penale che può creare gravi difficoltà per la futura partecipazione alle gare, inutili spese legali per affrontare un processo lungo e costoso e, soprattutto, il dover convivere con qualche morto o ferito grave sulla coscienza.

Alla prossima e buone vacanze.

 

p.s. Ah! Un’ultima cosa, stavamo quasi per dimenticarcene. Qualcuno sa se la Regione Sicilia ha rilasciato l’autorizzazione sismica per la ricostruzione del Ponte Himera (ubicato proprio nella zona sismica di classe 2) prima che il Ministro De Micheli, firmataria delle Linee guida dallo stesso emanate, tagliasse il nastro dell’inaugurazione di ieri? Così per curiosità …

AppaltiLeaks® – Riproduzione riservata – 1 agosto 2020

 

AGGIORNAMENTO

Dopo il nostro articolo (e il panico che ne è derivato), il Legislatore ha deciso di correre ai ripari mettendoci la solita pezza all’italiana. Grazie all’art. 10, comma 1, lettera p-bis), della legge n. 120 del 2020 è stato, infatti, introdotto all’art. 94 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 il comma 2-bis il cui testo riportiamo qui di seguito: “Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di autorizzazione si intende formato il silenzio assenso. Fermi restando gli effetti comunque prodotti dal silenzio assenso ai sensi del primo periodo, lo sportello unico per l’edilizia rilascia, anche in via telematica, entro quindici giorni dalla richiesta dell’interessato, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento, in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di provvedimenti di diniego; altrimenti, nello stesso termine, comunica all’interessato che tali atti sono intervenuti“.

Il salvifico “silenzio assenso”, che accontenta un po’ tutti: i dirigenti regionali (che potranno continuare a percepire il proprio lauto stipendio senza neppure visionare i progetti), il progettista (che vedra realizzata l’opera del suio “ingegno” anche se palesemente errata o carente), i RUP e i DL (che manterranno il loro potere per ‘farsi convincere’ ad assentire le più lucrose e onnipresenti varianti in corso d’opera) e l’impresa appaltatrice (che continuerà a guadagnare dalle immancabili riserve e richieste di maggiori compensi). Tutti contenti, almeno fino al prossimo crollo e alle prossime vittime.

 

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