Covid-19: senza aggiornamento del PSC, solo gravi rischi e responsabilità per le imprese.

In previsione della Fase 2, i Sindacati hanno, giustamente, chiesto che la riapertura dei cantieri avvenga a precise condizioni ma le loro richieste sembrano puntare l’indice solo contro gli imprenditori. La verità è che occorrono soldi e provvedimenti tecnico-amministrativi delle stazioni appalti per non far gravare sulle imprese il costo dei nuovi e maggiori oneri per la sicurezza.

I segretari generali di FenealUil, Filca Cisl e Fillea Cgil hanno posto cinque le condizioni che indicano i sindacati in una nota stampa:

  1. rispetto dei protocolli sottoscritti con il MIT per gli appalti Anas e RFI (e quelli sottoscritti insieme alle associazioni datoriali per l’edilizia privata);
  2. disponibilità in quantità sufficienti e a prezzi sostenibili tutti i DPI necessari;
  3. strumenti concreti per verificare il rispetto delle intese e sanzionare i “furbetti”, anche a tutela degli imprenditori onesti e rispettosi delle regole;
  4. tavoli permanenti affinché l’organizzazione del lavoro, gli orari, i carichi, le presenze siano coordinate anche con le necessarie nuove pianificazioni dei trasporti pubblici locali, con la disponibilità di covid-hotel in caso di malessere dei trasfertisti, con piani per la formazione e la sicurezza specifici al nuovo contesto.
  5. reali sanzioni per tutti gli imprenditori che, furbescamente, riapriranno i cantieri senza garantire il rispetto dei protocolli, equiparando il non rispetto degli stessi ad una grave violazione, amministrativa e penale, del Testo Unico per la salute e sicurezza e garantendo, invece, alle imprese che si adopereranno per rispettarlo tempi e sospensioni senza penale.

Con tutto il rispetto per i sindacati, riteniamo che le loro proposte vadano quanto meno integrate e migliorate per evitare che, anche in questo caso, le misure normative e regolamentari si traducano in un’ennesimo ed insostenibile onere per gli imprenditori; i primi ad avere realmente interesse a che i propri dipendenti possano lavorare in sicurezza e secondo canoni di produttività.

Non esistono solo (pochi) imprenditori ‘furbetti’ e spregiudicati, che i sindacati sembrano demonizzare nella formulazione delle loro proposte, ma anche responsabili del procedimento, direttori dei lavori e coordinatori per la sicurezza altrettanto furbetti, impreparati e ricattatori che cercheranno, in tutti i modi, di non mettere mani al portafoglio per adeguare i costi della sicurezza e di costringere l’appaltatore ad iscrivere le solite riserve contabili per sperare di ottenere (chissà quando) il giusto risarcimento.

Quegli stessi funzionari pubblici che non svolgono, mai, una valutazione di congruità in merito ai costi della sicurezza (aziendali o ‘interni’) indicati dai concorrenti in sede di offerta e che aggiudicano gli appalti nonostante un ribasso economicamente insostenibile; il tutto per poi farsi ‘convincere’ a chiudere uno o entrambi gli occhi in fase esecutiva…      

E’ quindi necessario ed imprescindibile che – nell’era del Covid-19 – le stazioni appaltanti assumano, al più presto ed in modo legittimo, le proprie concomitanti responsabilità.

Chi si occupa di contratti pubblici, infatti, sa bene:

  • che la stazione appaltante, quale soggetto nell’interesse del quale i lavori vengono eseguiti (art. 89 d.lgs. 81/2008), deve occuparsi della tutela della salute e della sicurezza dei soggetti presenti in cantiere e, per tale ragione, deve adottare ogni provvedimento utile affinché l’esecuzione del progetto e l’organizzazione delle operazioni di cantiere siano tali da rispettare nella misura più efficace  i principi e le misure generali di tutela declinate all’art.15 del medesimo decreto;
  • che il responsabile del procedimento, nella sua funzione di responsabile dei lavori (art. 89, lettera c), deve vigilare “sullo svolgimento delle fasi di progettazione, affidamento ed esecuzione di ogni singolo intervento e provvede a creare le condizioni affinché il processo realizzativo risulti condotto in modo unitario in relazione ai tempi e ai costi preventivati, alla qualità richiesta, alla manutenzione programmata, alla sicurezza e alla salute dei lavoratori e in conformità a qualsiasi altra disposizione di legge in materia” così come statuito dalle Linee guida ANAC n. 3 recanti «Nomina, ruolo e compiti del responsabile unico del procedimento per l’affidamento di appalti e concessioni»;
  • che “Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione (…), ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali, (…) devono essere specificamente indicati a pena di nullità ai sensi dell’articolo 1418 del codice civile i costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni” (art. 26, comma 5, del d.lgs. 81/2008) e che tali costi devono essere integralmente ‘rimborsati’ all’appaltatore senza l’applicazione del ribasso di aggiudicazione. 

Per altro verso, va tenuto conto che, a causa della grave ed inimmaginabile emergenza sanitaria dovuta alla pandemia COVID-19, sono state (e  saranno) diramate, da parte di più istituzioni nazionali e regionali, una serie di provvedimenti, raccomandazioni e protocolli di sicurezza anti-contagio a tutela della salute di ogni lavoratore che incidono, profondamente, sulle ‘normali’ attività di cantiere.

Va da sé che tutti i piani di sicurezza e coordinamento (PSC), debbano al più presto essere rivisti in ragione del sopravvenuto rischio di grave contagio; non solo per indicare le nuovi prescrizioni e le varie fasi critiche del processo costruttivo con riferimento all’area, all’organizzazione di cantiere, alle lavorazioni e alle loro interferenze ma, soprattutto, per aggiornare (in aumento) l’iniziale stima degli oneri della sicurezza da corrispondere, senza applicazione del ribasso di aggiudicazione, all’appaltatore.

Il PSC, infatti, è lo strumento attraverso il quale vengono preventivamente individuati, analizzati e valutati i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori in cantiere e le relative misure di protezione e prevenzione da mettere in atto; viene redatto, sì, dal coordinatore in fase di progettazione ma deve essere, poi, aggiornato ogni qual volta in cantiere avvengono variazioni significative delle condizioni valutate inizialmente. 

Non esiste un procedimento standard per l’aggiornamento del PSC (né tantomeno è mai stata dettata qualche regola per una situazione di emergenza così straordinaria come quella derivante ad un pandemia mondiale) ma è certo, però, che deve rispettare i seguenti requisiti:

  • deve essere condiviso da tutti i soggetti interessati ;
  • deve essere certa la sua data di aggiornamento;
  • deve assolvere alle effettive e concrete esigenze di aggiornamento ;
  • può (o meno) comportare un conseguente adeguamento del POS delle imprese
  • comporta la necessità di aggiornare anche il cronoprogramma dei lavori

Per tutti i cantieri (che prima o poi, comunque, dovranno essere attivato o ripresi), sussiste quindi l’obbligo in capo al Responsabile dei lavori/RUP di prendere atto della sopravvenuta inadeguatezza del PSC e di imporre al Coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione (CSE) la sua implementazione avendo riguardo non solo alle regole di igiene e sicurezza emanate a livello nazionale e regionale ma anche alle best practice utilizzate per contrastare la diffusione del COVID-19. E se così sarà le imprese affidatarie/esecutrici faranno sicuramente la propria parte (sia in senso propositivo che applicativo) al fine di tutelare i propri dipendenti o in distacco e, se presenti, i lavoratori autonomi, nonché i fornitori esterni ed eventuali visitatori autorizzati.

Ma attenzione, come abbiamo sopra accennato, qui non si tratta di consumare inutilmente altra ‘carta’ per aggiornare i documenti del contratto di appalto e il doveroso aggiornamento del PSC non può tradursi in un aggravamento della situazione economica e finanziaria delle imprese: gli inevitabili maggiori costi per la sicurezza (così come puntualmente dal precitato CSE) dovranno essere formalmente approvati a mezzo di apposita perizia di variante che rimoduli l’intero quadro economico dell’intervento. 

Più specificatamente – vertendosi chiaramente nell’ipotesi di cui all’art. 149 del D.lgs 50/2016 – RUP, CSE e DL dovranno, al più presto, elaborare ed far approvare una variante di adeguamento che possa, chiaramente, evitare non solo problemi di copertura finanziaria ma, soprattutto, l’insorgere di ogni eventuale controversia circa il soggetto su cui devono gravare le spese tecniche per la pianificazione e il controllo dei lavori e della sicurezza e quelle da sostenersi per l’approvvigionamento dei DPI e di ogni altro apprestamento necessario per il contenimento del rischio di contagio (vedi esempio in figura).

Deve essere chiaro, sin da ora, che tutte queste spese NON devono essere ricondotte nell’alveo degli “oneri aziendali della sicurezza” (detti anche, in giurisprudenza piuttosto che in dottrina, costi ex lege, costi propri, costi da rischi specifici o costi aziendali necessari per la risoluzione dei rischi specifici propri dell’appaltatore) afferenti all’esercizio dell’attività di gestione del rischio dell’operatore economico, aggiuntive rispetto a quanto già previsto nel PSC e, quindi, riconducibili alle spese generali.

Se si inizierà a cavillare sulla natura di tali costi o, peggio, se qualche stazione appaltante volesse farli gravare solo sull’appaltatore vorrà dire che, anche in questo caso, il datore di lavoro e i lavoratori saranno lasciati soli a combattere una crisi economica e sanitaria senza precedenti con inevitabile aumento del contenzioso per le riserve che, immaginiamo, l’appaltatore vorrà opportunamente iscrivere alla prima occasione utile. E l’economia del settore, di certo, non riprenderà a pieno ritmo.

Per le ragioni sopra sinteticamente illustrate, suggeriamo quindi alle imprese di pretendere formalmente che la stazione appaltante proceda, senza indugio, all’aggiornamento del PSC ed alla conseguente revisione del quadro economico dell’intervento per la computazione dei costi della sicurezza non soggetti a ribasso.

Inutile fidarsi delle solite promesse da marinaio del direttori dei lavori in sede di consegna (o ripresa) dei lavori.

Ingenuo confidare nel “intanto cominciamo, poi sistemiamo le carte…” ed ancora più farsi incantare dal canto delle sirene che sventolano un SAL sotto il naso.

Rischiosissimo riprendere l’esecuzione dei lavori senza verbalizzare nulla o non avere in mano una copia del nuovo PSC.

Il voler riprendere le attività di cantiere a qualsiasi condizione rischia di esporre la propria azienda a rischi e responsabilità molto più esiziali di quelli di un prolungamento della sospensione dei lavori: diversamente operando, infatti, l’impresa non solo si accollerà, ingiustamente, costi imprevisti ed imprevedibili ma anche la gravissima responsabilità per ogni eventuale ‘infortunio’ sul lavoro dei propri dipendenti (o di terzi) derivante dal sottovalutato ed ignoto rischio di contagio.

AppaltiLeaks vi ha avvertiti: la quarantena sta finendo per le imprese ma anche per avvocati e sindacati … 

AppaltiLeaks® – Riproduzione riservata – 24 aprile 2020

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