Maggiori compensi all’appaltatore e danno erariale. Il Governo ha idee confuse e pericolose.

Dopo lo scandalo dei domiciliari a centinaia di mafiosi, nuovo passo falso per il Governo che, di fatto,  pare voler assicurare l’immunità per la responsabilità contabile dei pubblici ufficiali di ANAS Spa per le maggiori pretese dell’appaltatore. I danni procurati all’Erario per miliardi di euro resteranno senza un colpevole?

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Avvertenza – Non nutriamo il benché minimo sospetto che quanto sotto evidenziato possa ritenersi indice di pratiche volutamente illecite o illegittime ma riteniamo che i comportamenti di funzionari, dirigenti e amministratori delle stazioni appaltanti – indipendentemente dall’entità del danno cagionato all’Erario – dovrebbero essere sempre segnalati alla Corte dei Conti. D’altronde il nostro servizio di fraud  auditing è stato approntato anche per queste ragioni. Siamo pronti, comunque, a pubblicare atti, documenti e repliche di tutti coloro che volessero intervenire, se del caso confrontandoci su casi concreti (alcuni dei quali, per quanto ci risulta, ancora in corso). 

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E’ di pochi giorni fa la notizia della richiesta di risarcimento danni di 10 milioni di euro avanzata da ANAS Spa quale parte offesa e danneggiata in relazione ai delitti contestati nell’inchiesta catanese “Buche d’oro”, che ha dimostrato, prima di ogni altra cosa, quanto siano inefficaci i controlli e i sistemi anticorruzione all’interno della società pubblica.

La richiesta di risarcimento è stata formulata tenendo conto del danno, patrimoniale e d’immagine, asseritamente subìto dalla società in conseguenza dei fatti contestati ad imprenditori, imprese e dipendenti infedeli che con le loro condotte (anche concussive) avrebbero intaccato l’immagine e la credibilità di Anas. 

Ebbene – in disparte il problema del danno di immagine (oggettivamente di difficile valutazione per una società che si fa crollare i ponti sotto i piedi oggetto di ‘attenti monitoraggi’ e che mantiene al proprio posto alcuni suoi altissimi dirigenti nonostante pesantissime condanne della Corte dei conti sulle loro spalle) – visto che si parla anche di danno patrimoniale siamo costretti a ritornare sulla ben più grave situazione del contenzioso con gli appaltatori.

Questo, sì, una fonte inesauribile di danno per la finanza pubblica.     

 

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Lo scorso 19 maggio 2020, il sottosegretario di Stato alle infrastrutture e trasporti, Roberto Traversi, nel rispondere ad un’interrogazione a risposta immediata (n. 5-03990 dell’On.le Deiana – M5S), ha affermato che “Per quanto attiene al contenzioso in materia di appalti che interessa ANAS, la società ha comunicato che esso ha un valore attuale di circa 6,7 miliardi di euro rispetto ai 13 miliardi originari. Di tale somma: una quota molto rilevante deriva dai lavori affidati ai contraenti generali, sfociati in contenziosi giudiziali; un’altra quota, anch’essa molto rilevante, è ascrivibile a contenziosi risalenti e ancora non definiti dall’Autorità giudiziaria; la restante quota è oggetto di procedura di accordo bonario. Quanto all’esercizio dell’azione di rivalsa, va detto che la mancata conclusione di un accordo bonario non produce automaticamente un danno al pubblico erario in quanto sulla convenienza della proposta di accordo bonario la stazione appaltante, al pari dell’appaltatore, svolge un giudizio prognostico sull’esito del contenzioso e sulla base della possibile soccombenza in giudizio”. La ciliegina sulla torta è stata poi messa dall’On. Elisabetta Barbuto (M5S) che replicando, si è dichiara parzialmente soddisfatta, pur tuttavia, precisando che “la rivalsa deve avvenire solo laddove ci siano ragionevoli ipotesi di ottenere una condanna per danno erariale”.

Sembra assurdo (tanto più che il primo è un architetto e il secondo un avvocato) ma è proprio quello che è avvenuto…

Si, proprio così, il Governo del Movimento 5 Stelle (ossia lo stesso partito che ha nominato gli attuali vertici di ANAS Spa) sembra offrire un salvacondotto per la responsabilità contabile dei dipendenti pubblici della travagliata e chiacchieratissima società pubblica che gestisce le strade ed autostrade statali.

E qui vi spieghiamo il perché.

Come abbiamo già avuto modo di illustrare in passato proprio riguardo ad ANAS, la ‘trattazione delle riserve’ è un fase molto  pericolosa e insidiosa che, nonostante piccole e grandi ruberie ed innegabili illegittimità (come quella correlata ad accordi bonari per importi superiori al 20% dell’appalto), non è pressoché mai stata indagata nella giusta misura al fine di enucleare la grave responsabilità dei pubblici funzionari responsabili delle (giuste e doverose) maggiori pretese avanzate dall’appaltatore.

Per non parlare del caso in cui la controparte sia un contraente generale nel qual caso ogni richiesta risarcitoria dovrebbe, di default, essere considerata inammissibile per le ragioni già spiegate in passato.

 

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Indipendentemente dalla loro classificazione, è innegabile, infatti, che – a meno di casi eccezionali non degni di nota – le cd. riserve vengono iscritte dall’appaltatore, sempre e soltanto, perché qualcuno (della stazione appaltante) ha lavorato male e deve assumersene la responsabilità.

Poco importa se il progettista (interno) non sia stato in grado di elaborare un progetto esecutivo degno di tale nome (o se non abbia svolto le previste indagini archeologiche, geologiche, idrogeologiche, idrologiche, idrauliche, geotecniche, sismiche, storiche, paesaggistiche, urbanistiche o di bonifica di ordigni bellici e di siti inquinati) ed ancora meno importa se il RUP abbia validato quello stesso progetto in presenza di manifeste carenze o errori progettuali: entrambi devono essere chiamati a rispondere, personalmente, per i danni derivati dalla loro incapacità professionale.

E così pure deve essere chiamato a rispondere il direttore dei lavori che (per incapacità o per agevolare l’appaltatore) abbia proceduto alla consegna dei lavori nonostante l’inaccessibilità delle aree e degli immobili interessati dai lavori o la presenza di qualsivoglia impedimento alla realizzabilità del progetto oppure li abbia condotti in modo, talmente, maldestro fino a cagionare un danno all’appaltatore.

Anche lui (almeno in Paese normale) dovrebbe essere chiamato a risponderne personalmente.

Ed invece no.

Nonostante le quotidiane gravissime responsabilità sotto gli occhi di tutti, il Governo sembra invece essersi fatto fuorviare proprio da chi dovrebbe essere chiamato a risponderne dinanzi alla Corte dei Conti (ed in alcuni casi anche di fronte al PM…) tanto da affermare che l’azione di rivalsa (in pratica, la denuncia dei responsabili alla Corte dei Conti) dovrebbe essere correlata solo in riferimento alla mancata conclusione di un accordo bonario e, per di più, unicamente quando risulti che l’esito del contenzioso si sia rivelato più dannoso dell’accordo non intervenuto.

La questione, ovviamente, non sta in questi termini e chi intende aderire a questa tesi o conosce poco di questa materia o, peggio, ha un interesse a distogliere l’attenzione di chi dovrebbe contrastare la mala gestio degli appalti pubblici.

Per confutare questa assurda e fuorviante tesi, sarebbe sufficiente tener conto delle numerose transazioni che, da mesi, ANAS (e per essa l’Ufficio Legale interno) pare stia sottoscrivendo con diversi imprenditori. Per quanto AppaltiLeaks ha avuto modo di leggere, si tratta infatti di transazioni che investono anche controversie già incardinate dinanzi ai Tribunali di mezza Italia, proprio quelle medesime controversie giudiziarie che, secondo quanto si sostiene nella risposta governativa all’interrogazione da cui siamo partiti, avrebbero ‘sanato’ la mancata conclusione di un accordo bonario grazie ad un “giudizio prognostico sull’esito del contenzioso e sulla base della possibile soccombenza in giudizio”.

E allora, se cosi fosse, perché mai si è preferito non concludere un accordo bonario e andare in giudizio se poi si fa dietrofront e, a mezzo di una tardiva transazione, si risarcisce comunque l’appaltatore per i danni procurati dall’incapacità professionale, dall’imperizia o dalla superficialità del progettista, del rup o del direttore dei lavori?

La questione, come detto, va invece osservata da una prospettiva diametralmente opposta.

Indipendentemente dalla tempistica, dalle modalità e dalla forma con le quali vengono riconosciute le riserve (pretese risarcitorie) dell’appaltatore sussiste sempre una responsabilità contabile per danno all’erario dei soggetti preposti alla conduzione dell’appalto: OGNI EURO DI RISERVA RICONOSCIUTA EQUIVALE A UN EURO DI DANNO ERARIALE. 

E per chi non riesca a comprendere quanto stiamo, da tempo denunciando, ecco un ‘disegnino’ che dovrebbe chiarire definitivamente le idee sulla differenza tra danno procurato all’Erario (e relativi responsabili) e prova della sua esistenza:

Questa l’inconfutabile verità che nessuno degli organi di controllo interno ed esterni cui l’ANAS pare riuscire a condividere: ossia l’Internal Auditing, Direzione Anticorruzione Trasparenza, l’Ufficio Coordinamento Riserve, il Collegio Sindacale, l’Organismo di vigilanza, il Consiglio di Amministrazione, il Direttore Generale, il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, l’azionista Ferrovie dello Stato e (non ce ne voglia) lo stesso Magistrato della Corte dei Conti delegato al controllo della stessa ANAS Spa.            

Ove ciò non basti, è appena il caso di riflettere sul fatto che in qualsiasi accordo bonario, arbitrato, transazione o sentenza in materia di riserve non vengono mai, chiaramente, messi nero su bianco i nomi e la funzione dei responsabili delle controversie insorte con l’appaltatore. Una vera e propria omertà amministrativa tipicamente italiana.   

L’unico caso al mondo in cui si accerta un danno, lo si quantifica, lo si corrisponde al danneggiato ma senza mai identificare il responsabile dello stesso danno: un po’ come se un’assicurazione indennizzasse i familiari della vittima di un incidente senza nulla pretendere dal proprio assicurato responsabile di quel sinistro ancorché alla guida sotto l’effetto di droghe pesanti e, quindi, chiaramente colpevole. 

Le stazioni appaltanti (e tra esse sicuramente l’ANAS), invece, mentre, con una mano, continuano a sprecare fiumi di denaro per erogare assurdi “incentivi” a progettisti, rup e direttori dei lavori (la cui corresponsione, in un paese normale, dovrebbe essere subordinata alla verifica negativa di qualsiasi circostanza, anche solo potenzialmente, ostativa: quali perizie di variante, riserve, incarichi di assistenza affidati a professionisti esterni, etc.), con l’altra, versano risarcimenti milionari alle imprese che, legittimamente, pretendono il giusto ristoro per l’incapacità professionale degli stessi soggetti ‘incentivati’ dalla pubblica amministrazione. Una partita giocata in tempi e luoghi diversi che, tuttavia, continua a mantenere in vita prassi illegittime, dannose e spesso illecite. 

Il giudizio prognostico sull’esito del contenzioso e sulla base della possibile soccombenza in giudizio non c’entra, quindi, assolutamente nulla se non come aggravante di un danno ormai già consolidato per colpa del progettista, rup o direttore dei lavori!

E non basta.

Alla responsabilità oggettiva dei predetti soggetti andrebbe, casomai, aggiunta quella dei pubblici funzionari della Direzione Legale di ANAS Spa (taluni, come detto, già pesantemente condannati dalla Corte dei Conti per altre vicende). Questi ultimi, infatti, dovrebbero parimenti essere chiamati a rispondere dinanzi alla Corte dei Conti non solo nell’ipotesi in cui abbiano svolto un ruolo attivo nel riconoscimento di un risarcimento all’appaltatore (come nel caso delle transazioni di cui parlavamo poc’anzi) ma anche ogni qualvolta non abbiano provveduto a segnalare tali circostanze alla magistratura contabile (ovvero nel caso di accordi bonari o sentenze giudiziali di condanna).

Nel lontano 2008, l’allora Presidente di ANAS, Ciucci, diramò infatti – proprio per evitare simili comportamenti – un’importante Circolare (la n. 74 del 21 aprile 2008) con la quale impartì chiare disposizioni affinché fosse rispettata la Nota interpretativa in materia di denunce di danno erariale emanata, a sua volta, dal Procuratore Generale presso la Corte dei Conti (scarica qui il documento integrale); ed il messaggio era chiarissimo: “i soggetti destinatari della presente, che nell’esercizio delle proprie funzioni, vengano a conoscenza di fatti che possano dar luogo a responsabilità amministrativa, sono obbligati a darne comunicazione all’Unità Internal Auditing, trasmettendo a quest’ultima entro e non oltre 15 giorni lavorativi, un’informativa contenente: a) l’indicazione del fatto (da intendersi nel senso di descrizione del comportamento dannoso e/o del procedimento amministrativo seguito, evidenziando – altresì – le illegittimità o le diseconomie gestionali originate da tali comportamenti o procedimenti; b) la valutazione di non manifesta infondatezza del fatto dannoso in quanto idoneo a costituire presupposto per la responsabilità amministrativa; c) l’importo del presunto danno subìto dall’erario, ove ciò risulti da fatti conosciuti, ovvero – se tale elemento non sia determinabile nel suo ammontare – i dati in base ai quali emerga l’esistenza dello stesso, ancorché di incerta quantificazione”.

La doverosa ‘collaborazione’, in tal senso, da parte dell’Ufficio Legale (che meglio di chiunque altro ha contezza delle controversie giudiziali e stragiudiziali) appare, quindi, ineludibile e necessaria, anche tenuto conto che l’art.1, comma 3, della legge n.20 del 1994 chiama a rispondere del danno erariale coloro che, con l’aver “omesso o ritardato la denuncia”, abbiano determinato la prescrizione del relativo diritto al risarcimento. Trattasi, infatti, di una autonoma e specifica forma di responsabilità amministrativa che, speriamo, non mancherà d’ora in poi di essere scrutinata.

Anche perché, in difetto, non è escluso che qualche Procura della Repubblica illuminata possa ravvisare una condotta illecita ai sensi dell’art. 323 del codice penale secondo cui, come è noto, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento intenzionalmente procura ad altri (appaltatore e/o colleghi) un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri (amministrazione di appartenenza, erario, etc.) un danno ingiusto, è punito con la reclusione da uno a quattro anni”.

Alla prossima.

p.s. – Indipendentemente dalle responsabilità penali, restiamo a disposizione delle imprese, loro dipendenti ed ex funzionari pubblici coinvolti dall’inchiesta “Buche d’oro” per fornire pareri e assistenza a fronte delle richieste di risarcimento avanzate da ANAS Spa e in ordine alla sussistenza e alla quantificazione dei danni patrimoniali e di immagine. Danni che, come sopra illustrati, devono essere valutati alla luce di quanto sopra esposto e di molte altre circostanze emerse in altre inchieste di carattere penale.   

(continua)

 

AppaltiLeaks® – Riproduzione riservata – 24 maggio 2020

post scriptum ….

Dopo il nostro articolo (ed il panico che ne è scaturito), il Legislatore ha pensato bene di metterci una pezza con l’art.10, comma 1, lettera p-bis della Legge 120 del 2020 il comma 2-bis il cui testo riportiamo qui di seguito “Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di autorizzazione si intende formato il silenzio assenso. Fermi restando gli effetti comunque prodotti dal silenzio assenso ai sensi del primo periodo, lo sportello unico per l’edilizia rilascia, anche in via telematica, entro quindici giorni dalla richiesta dell’interessato, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento, in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di provvedimenti di diniego; altrimenti, nello stesso termine, comunica all’interessato che tali atti sono intervenuti“.

Tutti contenti, i dirigenti regionali (che continueranno a percepire il loro lauto stipendio senza neppure leggere i progetti presentati), i progettisti (che potranno vedere mandare in gara il frutto del loro ‘ingegno’ anche se palesemente carente o errato), i RUP e DL (che si troveranno ad esercitare il proprio potere per assentire le onnipresenti perizie di variante) e le imprese appaltatrici (che continueranno ad arricchirsi grazie alle riserve ed ai compensi per i maggiori lavori eseguiti). Tutto ciò, almeno, fino al prossimo crollo ed alle prossime vittime.

AppaltiLeaks® – Riproduzione riservata –  1° ottobre 2020

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