ANAS “sbeffeggia” l’ANAC. Nuova ondata di accordi quadro.

Dopo il recente intervento del Presidente dell’ANAC sembrava che l’esperienza degli accordi quadro “all’italiana” fosse destinata, finalmente, ad esaurirsi (vedi articolo precedente).

Dopo tanta attesa, Cantone aveva fatto sentire la propria autorevole voce e ci aveva dato ragione: basta, l’accordo quadro non può più essere utilizzato in modo distorto in quanto la progettazione resta una fase imprescindibile di qualsiasi appalto di lavori.

E le parole di Cantone erano assolutamente chiare (anche per chi volesse perseverare in un’interpretazione furbesca della normativa vigente al fine di eluderla in modo goffo) «In ragione delle considerazioni che precedono, si concorda con quanto concluso dal competente Dipartimento di Codesto Ministero, riguardo alla necessità che l’aggiudicazione di nuove opere ed interventi di manutenzione straordinaria avvenga nel rispetto della disciplina sulla progettazione, anche in caso di ricorso allo strumento dell’accordo quadro; ciò in quanto, ove pure si ritenga che le modifiche apportate dal nuovo codice alla disciplina dell’accordo quadro abbiano l’effetto di estenderne l’ambito di applicazione alla manutenzione straordinaria ed ai lavori, restano fermi gli obblighi di progettazione previsti dallo stesso codice».

Le dichiarazioni a caldo rilasciate ai media rivelarono , da subito, che l’ANAS non avrebbe fatto, tuttavia, marcia indietro e che, nonostante le dure censure del Ministero delle Infrastrutture e dell’ANAC, Via Monzambano avrebbe proseguito dritta per la sua strada, infischiandosene delle indicazioni tracciate da i massimi organi di vigilanza in materia di lavori pubblici.

L’intervento del Presidente Cantone fu velocemente cestinato affermando che si trattava “solo di una lettera”, quasi fosse stata vergata da una piccola impresetta della provincia italiana o dalla più piccola delle associazioni rappresentative delle imprese di costruzioni (ammesso che ve ne sia qualcuna degna di questo nome…).

Ed è stato così.

Da qualche giorno, è stata infatti pubblicata una serie di nuovi appalti volta alla definizione di numerosi accordi quadro per la manutenzione straordinaria delle barriere di sicurezza stradali lungo gli itinerari E45 ed E55; decine di milioni di euro che saranno affidati senza che il relativo progetto esecutivo sia stato verificato e validato e nella più assoluta indeterminatezza dell’appalto.

Facendo, ad esempio, riferimento a quello denominato DG 22-17 (qui il Bando ed il disciplinare), ecco un elenco sintetico dei principali profili di illegittimità e nullità:

  • manca la relazione generale
  • mancano le relazioni specialistiche
  • manca il piano di manutenzione dell’opera e delle sue parti
  • manca il piano di sicurezza e di coordinamento
  • manca il quadro di incidenza della manodopera
  • manca il computo metrico estimativo e quadro economico (sostituito con uno sconosciuto “Schema rappresentativo dei lavori in appalto”)
  • manca il cronoprogramma

E non basta.

Non si comprende, chiaramente, neppure che tipologia di barriere potranno essere fornite ed installate nel corso dell’esecuzione dei lavori:

  • facendo riferimento all’Allegato G – Schema tipologico barriere spartitraffico sembrerebbe che la stazione appaltante intenda far riferimento, unicamente, a quelle rientranti nella tipologia new jersey;
  • facendo riferimento all’Analisi del prezzo G.03.010.1.a – Barriere di sicurezza classe h4 spartitraffico monofilare sembrerebbe che la stazione appaltante intenda far riferimento alle Barriere-Guard rail in acciaio a forte zincatura;
  • facendo riferimento allo Schema rappresentativo dei lavori in appalto sembrerebbe, invece, che la stazione appaltante intenda far riferimento ad entrambe le tipologie purché monofilari e rientranti nella classe H4. Tale circostanza sembra confermata dalla declinazione della voce di prezzo 03.010.1.a di cui all’Allegato Elenco prezzi unitari 

Partendo dall’ipotesi più ragionevole, ossia quella di prevedere la fornitura e posa in opera di entrambe le tipologie di barriere, non può non evidenziarsi che gli operatori economici vengono, di fatto, comunque sollecitati a proporre offerta senza conoscere l’ingegnerizzazione di tutte le fasi lavorative proprie del progetto esecutivo e, quindi, ancor prima che siano stati validati e verificati, ai sensi di legge, gli elaborati del responsabile del Procedimento.

Tale circostanza (ossia quella di un’evidente e grave inderminatezza dell’oggetto dell’appalto) altera irrimediabilmente il confronto competitivo ed espone ogni operatore economico al rischio concreto di formulare un’offerta sulla base di presupposti, ipoteticamente, errati o comunque non verificabili in fase esecutiva.

Questo per quanto riguarda gli “elaborati progettuali”.

Esaminando, poi, il bando ed il disciplinare di gara – e senza voler affrontare il problema di come sarà mai possibile in questa paradossale situazione svolgere una seria e trasparente verifica di congruità delle offerte – si può rilevare ancora che, con riferimento al criterio B. Componente qualitativa, la Commissione giudicatrice procederà all’esame ed alla valutazione delle offerte tecniche:

  • attribuendo fino a 30 punti (ossia lo stesso peso riservato all’offerta economica…sic!) per la specifica esperienza, maturata negli ultimi 10 anni, dai Tecnici destinati ai lavori (elemento B.1). In pratica, le imprese concorrenti dovranno compilare un modulino ove indicare le risorse umane impiegate nell’esecuzione dei lavori ed allegare i relativi curricula vitae, nulla di più. Non è richiesto che i tecnici indicati siano stati alle dipendenze dell’impresa concorrente nel periodo preso a riferimento, non è indicato quale siano le fonti prova che dimostrino quanto indicato tanto nell’inutile modulo quanto nel relativo curriculum né, ancora, che tali dichiarazioni siano rese ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. 445/2000. In pratica si potrebbe indicare di tutto e di più senza correre alcun rischio….
  • attribuendo fino 15 punti per la “migliore organizzazione dell’impresa” (elemento B.2). Al riguardo – fermo restando che in italiano l’uso dell’aggettivo comparativo “migliore” presuppone un termine di paragone, nella fattispecie inesistente stante l’inesistenza di un progetto esecutivo e, in particolare, di un cronoprogramma e di un PSC – si ritiene sufficiente evidenziare che l’indeterminatezza assoluta dell’appalto potrebbe dispiegare i propri effetti esiziali anche in fase di valutazione delle offerte e, in particolare, in fase di attribuzione dei punteggi relativi al sub-elemento di cui si tratta. E’ di tutta evidenza, infatti, che la gestione contemporanea di più cantieri “giustificata con le proprie capacità tecniche, produttive e gestionali indipendentemente dall’importo del singolo contratto attuativo (che potrà contenere anche più cantieri) e dalla distribuzione temporale o dalla dislocazione territoriale dei relativi cantieri” (sic!):
    • attribuisce alla commissione di gara una capacità discrezionale assoluta senza alcun riferimento a percorsi motivazionali certi e trasparenti, e
    • impone al concorrente di sottoporsi ad un giudizio di merito sull’organizzazione di cantieri dei quali non si conosce né la distribuzione temporale o la dislocazione territoriale né, tantomeno, la tipologia delle lavorazioni (profondamente differenti) da eseguirsi, ossia la fornitura e posa in opera di barriere stradali in acciaio o di tipo new jersey.
  • attribuendo fino a 5 punti per il possesso di certificati rilasciati da organismi di certificazione accreditati quali la ISO 14001, l’EMAS e la ISO 39001 (elemento B.3). Come è noto, la consolidata giurisprudenza amministrativa e la stessa ANAC haNNO infatti, sempre, censurato, per contrarietà ai principi di parità di trattamento tra i concorrenti, le previsioni della legge di gara che comportassero una commistione tra requisiti soggettivi dell’offerente (elementi di qualificazione) e requisiti oggettivi dell’offerta (elementi di valutazione), ammettendo tuttalpiù (Cds 3970/2016) un riferimento all’esperienza di singoli dipendenti o del team di lavoro. Ciò al fine di assicurare, nell’unico modo possibile, l’equilibrio tra le esigenze di garanzia di qualità ed efficienza proprie della stazione appaltante con quelle di protezione della concorrenza ed in particolare delle capacità competitive delle piccole e medie imprese che presentano un profilo esperienziale meno marcato. Pertanto, la trasformazione (come detto illegittima) di elementi di qualificazione in elementi di valutazione frustra ingiustamente le possibilità partecipative delle imprese sprovviste di tali certificazioni stante il fatto che, anche ricorrendo all’istituto avvalimento, le stesse non avrebbero alcuna chance di ambire all’attribuzione dei punteggi premiali con chiara violazione del principio di massima partecipazione alle procedure di gara e penalizzazione delle microimprese, delle piccole e medie imprese secondo quanto previsto dall’art.30, comma 7, del D.lgs. 50/2016.

Effettuata questa breve sintesi, occorre infine interrogarsi sul comportamento che assumerà l’ANAC.

Che farà il dott. Cantone?

Raccoglierà la sfrontata sfida lanciata da ANAS esercitando, doverosamente, le prerogative riservategli dall’art. 211, comma 1-bis ossia agendo in giudizio “per l’impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”?

Darà un senso ai poteri di cui dispone che, dopo tante polemiche per essere stati sottratti (con un colpo di mano) per indebolirla, sono stati riattribuiti all’ANAC grazie all’art. 52-ter del decreto-legge n. 50 del 2017?

O, facendo una clamorosa marcia indietro, si dimostrerà ingiustificatamente tollerante verso l’ANAS che, pubblicamente, lo sbeffeggia perseverando nel fare ricorso ad accordi quadro che non tengono conto in alcun modo delle sue indicazioni?

Se l’accordo quadro della Sardegna era illegittimo è mai possibile che lo stesso modus operandi può essere diversamente valutato a distanza di neppure tre settimane?

Insomma, l’ANAC è intenzionata realmente ad esercitare la vigilanza e il controllo sui contratti pubblici e l’attività di regolazione degli stessi o dimostrerà che l’AVCP (Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici) non è mai morta ed ha, soltanto, cambiato soltanto nome…?

Staremo a vedere.

E se “l’ANAS non cambierà mai“, come dichiarò lo stesso Cantone alle Iene, sarà d’ora innanzi anche un po’ per colpa sua. 

 

 

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