Grande vittoria di AppaltiLeaks! Accordo quadro illegittimo se vi sono pochi lotti di importo rilevante.

Il Consiglio di Stato mette al bando gli accordi quadro con mega lotti e conferma la possibilità di impugnare l’aggiudicazione ogni qualvolta le stazioni appaltanti furbette cercano di limitare la concorrenza.  

Sono ormai anni che AppaltiLeaks denuncia l’abuso e l’uso distorto dell’istituto dell’accordo quadro per l’affidamento di lavori, forniture e servizi o, meglio, di quello che abbiamo ribattezzato “l’accordo quadro all’italiana”, ideato furbescamente  e strumentalmente (…) da qualche neo dirigente pubblico e, poi, diffusosi come metastasi in tutto il settore dei lavori pubblici.  

La totale indeterminatezza dell’oggetto degli appalti, l’assenza di qualsivoglia elaborato progettuale (anche solo definitivo), la commistione di elementi di qualificazione e di valutazione e l’assoluta mancanza di trasparenza non meritano di essere, nuovamente, ricordati.

Desideriamo, invece, ritornare su un aspetto di cui abbiamo accennato in un nostro recente articolo (segui il link) nel quale ci siamo soffermati sul cd. “vincolo di aggiudicazione” dimostrando la sua naturale attitudine a favorire l’attuazione di accordi illeciti tra le imprese concorrenti ed a far sopportare maggiori costi alla stazione appaltante (correlati al rischio di minori ribassi e di lotti deserti).

In quell’occasione, avevamo richiamato l’attenzione dei nostri lettori anche sul fatto che, allorquando l’accordo quadro venga suddiviso in lotti, intervengono un’ulteriore serie di problemi connessi al dimensionamento dei lotti stessi e, soprattutto, si rischia di escludere dal confronto competitivo le micro, piccole e medie imprese o, comunque, di alterare/impedire il fisiologico confronto competitivo.

La suddivisione in lotti, immaginata dal legislatore in via pro-concorrenziale, dovrebbe infatti essere attuata in modo tale da garantire maggiori possibilità di competere a quelle imprese che, diversamente, non sarebbero in grado di presentare offerte per un appalto unico. Trattasi, infatti, di una norma che, nell’intento di applicare la Direttiva comunitaria, si pone l’unico obiettivo di garantire la massima concorrenza ed agevolare la più ampia partecipazione delle microimprese e delle PMI con divieto per le stazioni appaltanti di aggregare artificiosamente l’appalto.

La mera suddivisione in lotti, come avevamo sostenuto, non garantisce, di per sé, che l’appalto venga effettivamente aggiudicato in favore di una microimpresa o di una PMI ed è impossibile che questo avvenga quando l’importo a base di gare dei singoli dei lotti ed i corrispondenti requisiti di qualificazione sono così elevati che una microimpresa neppure può  partecipare (ricordiamo che la stragrande maggioranza degli operatori economici italiani hanno meno di 10 occupati ed un fatturato annuo non superiore a 2milioni di euro e, quindi, sono da considerarsi microimprese).

Ebbene, oggi il Consiglio di Stato ci ha dato ragione su tutta la linea difensiva utilizzata e, con una recentissima sentenza (la n.1486/2019 dello scorso 04.03.2019) ha, pesantemente censurato, l’operato di una importante stazione appaltante per aver strutturato le regole di gara in modo non rispettoso  dei principi di libera concorrenza, imparzialità e par condicio e per aver, progressivamente e per un periodo prolungato, dato luogo alla formazione di un vero e proprio “mercato chiuso”.

Secondo il massimo ordine della giustizia amministrativa “l’interagire di differenti elementi della gara e la formale applicazione del d.lgs. n.50/2016 si sono risolti in una violazione di carattere sostanziale delle norme fondamentali sulla “tutela della concorrenza” comunitaria e delle regole del Codice dei contratti (cioè del parametro interposto, diretto a riempire di contenuto la disciplina del mercato e delle attività economiche delle norme: cfr. Corte Costituzionale n. 431/2007)” e “l’artata applicazione delle norme sugli appalti non può risolversi in una situazione per effetto della quale la conquista del mercato da parte di un’azienda non dipende esclusivamente dalla propria capacità ed iniziativa, ma è il frutto dei condizionamenti provenienti da intenzionali scelte di programmazione che appaiono finalizzate ad orientare un certo assetto produttivo per un tempo indefinito”.

[highlights]“La sottrazione sostanziale al mercato di importi così elevati e per periodi così lunghi finisce per condizionare la permanenza stessa delle altre imprese sul mercato e tradisce gli obiettivi propri della politica comunitaria in tema di appalti pubblici, diretta a favorire condizioni di reale concorrenza senza discriminazioni e a rendere contendibile il mercato agli operatori economici”[/highlights]

Questo, l’effetto devastante condannato dal Consiglio di Stato che, però, si è spinto molto oltre non ritenendo, in alcun modo, “tardive” le doglianze del ricorrente pur avendo, quest’ultimo, impugnato la lex specialis in sede di aggiudicazione piuttosto che entro trenta giorni dalla sua pubblicazione.

Su questo specifico punto, il Consiglio di Stato ricorda che “l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4 del 26 aprile 2018, ha escluso l’acquiescenza implicita alle regole della gara per l’operatore che vi ha partecipato” e “quanto alla pretesa tardività, si ricorda che, quando le regole della lex specialis non impediscono la presentazione dell’offerta, non vi sono margini per l’impugnazione immediata del bando di gara, in quanto non si riscontra un’immediata lesione della sfera giuridica dell’interessato. La partecipazione alla gara stessa, inoltre, non impedisce ai concorrenti di dedurre comunque il carattere lesivo delle disposizioni del bando in sede di impugnazione del provvedimento di aggiudicazione

Va da sé che ogni concorrente – ed è questo il primo aspetto importante che vogliamo segnalare a tutti i nostri lettori – ben può contestare l’illegittimità del bando di gara e lamentare che vi sarebbero state maggiori chances di aggiudicazione nel caso in cui la gara fosse stata impostata rispettivamente:

  • su una maggiore articolazione dei lotti e
  • sull’eliminazione del divieto del vincolo di partecipazione (possibilità di presentare offerta per un solo lotto) in luogo del vincolo di aggiudicazione (possibilità di aggiudicarsi un solo lotto).

L’azione del ricorrente, in tali casi, oltre ad essere diretta al mero recupero della chance di partecipare al nuovo esperimento di gara, è soprattutto finalizzata a far dichiarare l’illegittimità dell’impostazione complessiva della gara, ed in particolare l’illegittimità della presenza di clausole che potrebbero, in concreto, aver impedito di conseguire un risultato utile.

Nel merito, poi, i giudici amministrativi hanno dato piena ragione al ricorrente anche per il fatto di aver fatto “valere un interesse legittimo contestando la lex specialis che – senza alcuna istruttoria e motivazione – ha indetto una gara di elevatissima dimensione economica ed operativa, strutturandola in soli sei lotti (in luogo di un numero maggiore), con il risultato di impedire quindi un effettivo confronto concorrenziale in violazione dei principi di libera concorrenza, par condicio e non discriminazione”.

La IIIa Sezione del Consiglio di Stato ha, infatti, avuto modo di affermare più volte (cfr. es. Consiglio di Stato, sez. III, 13/11/2017, n. 5224) “l’illegittimità, per sviamento di potere, della suddivisione in lotti di un appalto pubblico laddove integri la duplice violazione del principio della libera concorrenza in senso oggettivo (come astratta possibilità di contendersi il mercato in posizione di parità) e in senso soggettivo (per la creazione di una posizione di ingiustificato favore di un concorrente rispetto agli altri).

L’articolazione ragionevole di un appalto in lotti diversi è finalizzata proprio ad assicurare la tutela della concorrenza e della non discriminazione tra i contendenti, e cioè di finalità di eminente interesse pubblico che, trascendendo le vicende della singola gara, attengono all’ordinato ed equilibrato sviluppo economico della società intera, e rilevano anche sotto il profilo processuale; infatti, “come qualsiasi scelta della pubblica amministrazione anche la suddivisione in lotti di un contratto pubblico si presta ad essere sindacata in sede giurisdizionale amministrativa: e ciò ancorché l’incontestabile ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito conduca per converso a confinare questo sindacato nei noti limiti rappresentati dai canoni generali dell’agire amministrativo, ovvero della ragionevolezza e della proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1038 del 6 marzo 2017).

La scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, deve dunque costituire una decisione che deve essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza (cfr. n.5224/2017 cit.).

In caso contrario ne deriva evidente la violazione del principio di cui all’art. 51, primo comma ultimo periodo, per cui: “E’ fatto divieto alle stazioni appaltanti di suddividere in lotti al solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del presente codice, nonché di aggiudicare tramite l’aggregazione artificiosa degli appalti” introdotto dal Legislatore in recepimento del diritto comunitario in materia di suddivisione dei lotti che “devono essere interpretate alla luce del principio di cui del Considerando 79, della Direttiva 2014/24/UE secondo cui le Amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero limitare il numero dei lotti che possono essere aggiudicati a uno stesso offerente (…) allo scopo di salvaguardare la concorrenza”.

Per tutte queste ragioni – ogni volta che si verifichi una suddivisione in lotti ed una articolazione complessiva della gara solo apparentemente conforme ai paradigmi normativi di suddivisione ma, sostanzialmente, non rispettosa in concreto dei principi e del complesso delle disposizioni vigenti in materia di tutela della concorrenza e del libero mercato – il concorrente è libero e legittimato ad impugnare le relative aggiudicazioni facendo valere il proprio interesse alla rinnovazione della gara. Tanto più quando le reali ragioni sottese alla suddivisione dell’appalto in macro-lotti non sono state specificamente indicate negli atti di gara né le finalità delle scelte complessivamente adottate sono ricavabili dagli atti istruttori del Responsabile del Procedimento dai quali emerga, solo genericamente, un richiamo alla contiguità territoriale degli appalti.

Come la stessa Sezione ha avuto modo di osservare più volte (cfr. di recente Consiglio di Stato Sez. III, 22 febbraio 2018 n. 1138) “la tendenziale preferenza dell’ordinamento per una ragionevole divisione in lotti è fondata non solo sulla notoria esigenza di favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese ex art. 51 del d.lgs. n. 50/2016 (ed in precedenza l’art. 2, comma 1 bis, dell’abrogato d.lgs. n. 163/2006), ma anche, e soprattutto, nella esigenza di assicurare realmente la libera concorrenza e la massima partecipazione non solo al momento dell’effettuazione della gara ma anche in relazione a tutto il periodo successivo di svolgimento del rapporto (cfr.: nello stesso senso: cfr. Consiglio di Stato, Sez. III n. 26 settembre 2018, n. 5534, ed in precedenza con riguardo all’art. 2 co. 1 dell’abrogato d.lgs. n. 163 del 2006 e s.m.i. Consiglio di Stato sez. VI 12 settembre 2014 n. 4669; Cons. Stato, sez. V, 20 marzo 2007 n. 1331)”.

Nell’ottica di cui alle considerazioni che precedono, invitiamo quindi tutti gli operatori economici interessati a valutare attentamente la portata di questa importantissima sentenza che rafforza, ancor di più, l’orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato.

Ed a rispondere a queste semplici domande:

  1. Avete partecipato ad un accordo quadro?
  2. L’accordo quadro è diviso in lotti?
  3. I lotti sono di grandi dimensioni?
  4. Ritenete che vi siano profili di irragionevolezza e sproporzione nella determinazione dell’oggetto e della tipologia delle prestazioni, dell’importo dei lotti, della loro allocazione territoriale, della durata, delle imposizioni di clausole o di condizioni particolari che potrebbero aver, di fatto, favorito un vostro concorrente?

Bene, se avete risposto di sì a queste domande, non disperate!

Anche se (giustamente) non avete impugnato il bando di gara avete la possibilità ed il diritto di ricorrere avverso l’aggiudicazione perché un appalto, così congegnato, è illegittimo per violazione sostanziale dei ricordati principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità di cui all’art. 30, comma 1, del  d.lgs. n.50/2016.

E la rete di AppaltiLeaks è sempre qui, pronta ad aiutarvi per far tutelare i vostri interessi.

03.04.2019

Share the Post:

Articoli correlati

error: Content is protected !!