Guardrail: la certificazione del produttore favorisce il contenzioso tra impresa e stazione appaltante.

Focus n. 3 sul mondo delle barriere stradali. Nelle ‘mani’ del produttore le sorti dell’appalto. La certificazione di corretta installazione e montaggio, oltre a bloccare il collaudo, può anche determinare l’insorgere di un contenzioso e l’iscrizione di riserve contabili per errori o carenze progettuali. 

Avvertenza – Lo precisiamo sin dall’inizio: non riteniamo, in alcun modo, che quanto di seguito evidenziato possa ritenersi indice di pratiche volutamente scorrette e non nutriamo il benché minimo sospetto circa il comportamento dei produttori di barriere (o delle imprese comunque coinvolte nella realizzazione dei lavori rientranti nella categoria OS12) che, ne siamo convinti, avranno adottato ogni atto e/o provvedimento ispirandosi, sempre e comunque, al massimo ed effettivo rispetto dei principi di legalità. E siamo pronti a pubblicare atti, documenti e repliche di tutti coloro che volessero intervenire sull’argomento. 

* * *

Quando si tratta di appalti pubblici, si sa, ogni scusa è buona per fare quattrini a spese dello Stato e le occasioni per iscrivere riserve sono aumentate a dismisura grazie all’entrata in vigore del codice dei contratti oggi vigente, all’emanazione delle poche ed inutili Linee guida dell’ANAC e all’abolizione di un Regolamento che disciplini, per Legge, la fase esecutiva dei lavori.

Circostanze, queste, aggravate dalla complicità di chi (invece di controllare) ha consentito che fosse, di fatto, dimenticata la centralità del progetto posto a base di gara.

Per non parlare dell’uso distorto dell’istituto dell’accordo quadro (incredibilmente tollerato dall’ANAC) grazie al quale continuano ad essere ‘regalati’ miliardi di euro nonostante inesistenti progettazioni, documenti di gara ridotti all’osso, violazioni del principio di massima concorrenza, scarsa trasparenza delle operazioni di gara, ostacolo alla partecipazione da parte di micro, piccole e medie imprese, artificiose aggregazioni degli appalti e verifiche di anomalia eluse grazie alla mancata parametrazione delle offerte.

All’interno di questa situazione desolante, è riuscita comunque a sopravvivere una pericolosissima norma di cui abbiamo scritto nei nostri due precedenti articoli (Guardrail in acciaio, barriere New Jersey ed altri dispositivi di ritenuta: la pericolosa inutilità della certificazione rilasciata dal produttore. Urge modifica della normativa e Guardrail: dopo le dure sanzioni Antitrust, cosa resterà del mercato? Le aziende colpite dalle multe milionarie possono partecipare alle gare? E in che limiti?): la disposizione di cui all’art.79, comma 17, del Dpr 207/2010.

In precedenza abbiamo avuto modo di illustrare i rischi connessi al difetto di indipendenza ed imparzialità di giudizio in presenza di interessi commerciali o finanziari concorrenti con quello del produttore e dell’installatore dei beni oggetto della fornitura. Un rischio tanto più elevato nell’ipotesi in cui l’appaltatore (e, quindi, l’installatore) sia proprio uno dei pochissimi produttori italiani di guardrail: in questo caso il paradosso va, infatti, oltre ogni immaginazione perché il processo di certificazione NON viene svolto – neppure in apparenza – da una terza parte indipendente.

Questa terza parte dei focus dedicati al ‘mondo delle barriere stradali’ è, invece, riservata agli effetti in termini di contenzioso (e di danno per l’Erario) che possono determinarsi a causa di una norma che ha ragione di esistere solo per qualche lobby.

L’aver affidato ai pochissimi produttori di barriere – già colpiti dalle dure sanzioni dell’Antitrust per illecite intese restrittive della concorrenza (vedi provvedimento AGCM n. 23931 del 28 settembre 2012) – uno strumento potente come quello di impedire che il collaudo abbia luogo non, infatti, ha alcuna utilità per la stazione appaltante né rende le nostre strade più sicure. Anzi, tutto il contrario come le inchieste della magistratura sembrano aver accertato.

E non basta, questa sciagurata norma ha, surrettiziamente, anche stravolto il rapporto ‘stazione appaltante/appaltatore’ e trasformato un semplice fornitore (il produttore di barriere) nel dominus dell’assetto contrattuale tipico dell’appalto.

Uno schema potrà aiutare a spiegarci meglio:

Come si può notare, il produttore di barriere si pone a valle di tutte le scelte tecniche, amministrative e gestionali che la stazione appaltante ha compiuto e – grazie all’incredibile potere attribuitogli dalla norma di cui stiamo trattando – può, legittimamente, rifiutare o subordinare l’emissione della certificazione di corretta installazione per mille motivi e decidere, quindi, le sorti dell’appalto.

Non è certo un segreto il fatto che la progettazione non sia il fiore all’occhiello delle stazioni appaltanti (altrimenti non esisterebbero contenziosi per miliardi di euro e le barriere stradali assolverebbero davvero alla loro funzione) e, conseguentemente, il produttore potrebbe:

  • subordinare l’emissione della propria certificazione all’approvazione di perizie di variante che pongano rimedio a progettazioni errate o gravemente carenti;
  • distorcere la fisiologica concorrenza con i propri competitors, promettendo al proprio cliente (in cambio, ad esempio, di un extra-costo o di una sua fidelizzazione) il rapido rilascio della certificazione senza stare lì a verificare cosa e come doveva davvero essere installato;
  • anteporre le proprie esigenze commerciali ed imprenditoriali ed emettere, a discapito della sicurezza stradale, certificazioni che non potrebbero essere rilasciate;
  • acquisire “crediti di favore” nei confronti della stazione appaltante grazie al mancato rilievo dei difetti della progettazione;
  • suggerire al proprio cliente l’iscrizione di riserve contabili (con contestuale richiesta risarcitoria) per non essere stato curato il corretto inserimento delle barriere nel tessuto viario o previsti gli adattamenti o le modifiche di alcuni elementi del dispositivo per renderlo uniforme a quello omologato (come dispone il decreto ministeriale 18 febbraio 1992, n. 223, denominato “Regolamento recante istruzioni tecniche per la progettazione, l’omologazione e l’impiego delle barriere stradali di sicurezza”);
  • e cosi via …

E, questo, non è frutto della nostra fantasia.

Proprio in questi mesi stiamo seguendo un contenzioso (di cui presto vi daremo conto) in cui l’impresa appaltatrice (non produttrice) ha direttamente curato, durante l’esecuzione dei lavori, la “progettazione di elementi speciali per le transizioni dei dispositivi di ritenuta danneggiati” che, secondo gli ordinari canoni della normativa dei lavori pubblici, avrebbe dovuto invece precedere la stessa fase della gara ed essere prestata dagli organi interni della stazione appaltante. Il tutto con conseguente richiesta milionaria di risarcimento danni per le evidenti carenze progettuali, i costi sostenuti e l’anomalo andamento dei lavori (sospesi di fatto da circa due anni). E senza contare che non si è ancora giunti al momento del collaudo allorquando entrerà in scena il produttore delle barriere stradali che dovrà certificare la corretta installazione di dispositivi progettati da un appaltatore …     

Insomma, è innegabile che svilire ruoli e funzioni dei soggetti preposti alla progettazione ed alla conduzione dell’appalto (cosi come soggiogare le libere scelte imprenditoriali di appaltatori, subappaltatori e posatori di barriere) continua a rappresentare un gravissimo rischio, anche solo potenziale, per il regolare svolgimento dell’appalto e per la libera concorrenza nelle forniture delle barriere stradali.

Certo, qualcuno potrebbe tentare di confutare la nostra ‘teoria’ richiamando il vecchio Parere 3014/2013 del Consiglio di Stato che, in una parte residuale dello stesso, ritenne infondato il motivo diretto all’annullamento dell’art. 79, comma 17, del regolamento, censurato nella parte in cui prevede che “per i lavori della categoria OS 12-A, ai fini del collaudo, l’esecutore presenta una certificazione del produttore dei beni oggetto della categoria attestante il corretto montaggio e la corretta installazione degli stessi”.

In quella occasione, il Consiglio di Stato – nonostante la palese illogicità e irragionevolezza della norma (che rimette l’esito del collaudo di determinate opere pubbliche alla certificazione di un soggetto terzo rispetto al committente, che, pur senza essere titolare dell’incarico di collaudatore, può, tuttavia, con la sua pronuncia condizionare l’esito delle relative operazioni o perfino impedirle) – affermò laconicamente che “la norma si limita a prevedere che i beni oggetto dei lavori appartenenti alla categoria in esame non potranno essere oggetto di collaudo (dalla stazione appaltante) se il produttore de beni oggetto della categoria non certifichi che sono stati correttamente montati ed installati”.

Proprio le stesse motivazioni per le quali, ieri come oggi, se ne richiede l’annullamento … (sic!)

Insomma, non di certo uno dei migliori pareri del Consiglio di Stato anche se, sicuramente, quella pronuncia non poteva tener conto delle patologie e delle distorsioni che ne sarebbero derivate.

Pensando alla sicurezza stradale e, quindi, alla tutela della sicurezza e dell’incolumità pubblica, il Consiglio di Stato non poteva immaginare che la certificazione, nel concreto, si sarebbe risolta in un’inutile scambio di carta e di dichiarazioni (vedi, ad esempio, la procedura suggerita da UNICMI di cui abbiamo parlato nel nostro primo focus).

Né prevedere che (nonostante la natura salvifica attribuita a questa garanzia aggiuntiva) auto, autobus e tir avrebbero attraversato, ogni anno, come il burro un guardrail ed altre centinaia di vittime innocenti sarebbero morte ingiustamente come accaduto, ad esempio, nello stesso 2013 sull’A16  Napoli-Canosa, nel 2008 sulla A4 Torino Trieste o sulla S.S. 131 Cagliari-Sassari (vedi servizio delle Iene nel servizio di Luigi Pelazza del 17 marzo 2019).

E’ quindi arrivato il tempo, dopo un decennio di morti e feriti, di recuperare il tempo inutilmente perso: occorre rimettere al centro della scena il progettista, il direttore dei lavori ed il collaudatore e porre fine a qualsiasi business indotto dall’inutile obbligatorietà della certificazione di corretta installazione e montaggio.  

Ben venga il (breve) corso formativo indetto dall’UNICMI – Unione Nazionale delle Industrie delle Costruzioni Metalliche dell’Involucro e dei serramenti di cui vi abbiamo parlato in precedenza.

Anche se tuttavia, pur non volendo sminuire il “grande successo” dell’iniziativa, non riusciamo a comprendere la soddisfazione degli organizzatori né intravedere motivi di maggior tranquillità per le patologie di questo mercato e, soprattutto, per l’incolumità degli utenti stradali.

Il fatto che così poche aziende vi abbiano partecipato (10 su circa 800 qualificate in tutta Italia nella categoria OS12) e che tra queste figurino, paradossalmente, solo alcuni dei già qualificati posatori/installatori del mercato italiano (e non invece i progettisti, i direttori dei lavori ed i collaudatori dei gestori delle strade ed autostrade italiane), indica quanto poco sia avvertita la necessità di un cambio di passo, rafforza i nostri dubbi sul ‘chi’ e sul ‘come’ abbia svolto, in passato, tale attività di certificazione e dimostra ancor di più quanto possa pericolosamente rafforzarsi il vincolo che lega gli installatori (o alcuni di essi) ai fabbricanti.

E cosa ancor più grave non si intravede all’orizzonte una soluzione che possa garantire indipendenza ed imparzialità di giudizio (in assenza di qualunque interesse commerciale o finanziario concorrente con quello del produttore e dell’installatore dei beni oggetto della fornitura) nel rilascio della certificazione se non una sorta di reazione, tardiva, per perpetrare lo status quo.

Noi, invece, continuiamo a sperare che il nuovo Governo possa quanto prima intervenire mediante un opportuna modifica legislativa che ponga fine ai possibili rischi di questo rapporto incestuoso tra produttori e installatori e che le stazioni appaltanti (ed in particolar modo i collaudatori) si riapproprino del proprio ruolo.

Così come confidiamo che non corrisponda al vero quello che ci hanno bisbigliato in via del tutto riservata: ossia che qualcuno stia cercando di ricorrere a qualche escamotage organizzativo al solo fine di mantenere in vita questa pericolosissima norma e, perché no, guadagnarci qualcosa in più.

Ma non mancherà occasione di tornare sull’argomento se ciò dovesse verificarsi…

– fine terza parte –

Share the Post:

Articoli correlati

error: Content is protected !!