Indagine “Grande Tagliamento”: un’occasione per una breve riflessione sul management delle stazioni appaltanti italiane. Di oggi e di domani.

In attesa della nomina dei nuovi vertici di ANAS Spa, ormai paralizzata da più di un mese tra scandali ed interrogazioni parlamentari, analizziamo cosa occorre fare per iniziare a controllare (davvero) una delle aree di rischio non presidiate da quasi tutti i piani anticorruzione: la gestione dei subappalti. Al termine una breve nota per il Ministro Toninelli.

* * *

Premessa – Lo precisiamo sin dall’inizio: non riteniamo, in alcun modo, che quanto di seguito evidenziato possa ritenersi indice di pratiche volutamente scorrette e non nutriamo il benché minimo sospetto circa l’operato di funzionari, dirigenti ed amministratori delle stazioni appaltanti citate che, al contrario (ne siamo fermamente convinti), avranno adottato ogni atto e/o provvedimento ispirandosi, sempre e comunque, al massimo ed effettivo rispetto dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento che sottendono l’agire della Pubblica Amministrazione. Sia pronti, comunque, a pubblicare atti, documenti e repliche delle amministrazioni pubbliche coinvolte nell’indagine. 

* * *

Pochi giorni fa – all’esito di un’attività investigativa condotta su molteplici appalti di opere pubbliche per un valore di oltre un miliardo di euro – quattrocento finanzieri del Comando Regionale Friuli-Venezia Giulia hanno avviato, su tutto il territorio nazionale e presso decine di enti pubblici, una vasta attività di acquisizione documentale, di perquisizioni e di sequestri su ordine della Procura della Repubblica del Tribunale di Gorizia.

Le procedure di affidamento oggetto delle indagini riguardano la manutenzione e la costruzione di strade, autostrade, ponti, viadotti, cavalcavia, sottopassi, gallerie, opere fluviali e di sistemazione idraulica, acquedotti, gasdotti, opere marittime e lavori di dragaggio, piste aeroportuali, edifici, impianti di bonifica e protezione ambientale.

In questo breve articolo, non ci occuperemo della moltitudine di reati per i quali si sta procedendo che vanno dalla turbativa d’asta alla costituzione di associazioni e raggruppamenti temporanei meramente cartolari fino alla falsa indicazione documentale di dotazioni logistiche e strumentali al fine di incrementare il punteggio tecnico attribuito dalle commissioni aggiudicatrici.

Ciò che ci interessa, invece, è di focalizzare l’attenzione su di alcune fattispecie delittuose che, laddove effettivamente provate, non possono essere state realizzate senza il comportamento (quanto meno omissivo se non addirittura complice) di coloro che avrebbero dovuto esercitare, nell’interesse della pubblica amministrazione, funzioni di controllo.

Le indagini hanno infatti evidenziato, anche, diffuse prassi contrarie alla legge anche in ordine all’utilizzo di contratti di subappalto per quote superiori al limite normativo del 30% e di frode nelle pubbliche forniture.

Insomma, un quadro davvero sconfortante che non può, come spesso accade, essere ricondotto al livello medio degli operatori economici ed ai limiti di una normativa scritta male ed applicata; e neppure all’inefficacia dell’attività dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) che, di certo, non può controllare tutto e tutti.

Tanto più che tra le stazioni appaltanti, colpite dalle acquisizioni e dai sequestri di atti e documenti, vi sono, anche, alcuni dei più grandi gestori di infrastrutture stradali e aeroportuali del nostro Paese.

Pubbliche amministrazioni gestite da grandi manager ai quali è stato affidato il delicatissimo compito (e, per tale ragione, ottimamente remunerato) di governarle nel massimo rispetto dei principi di trasparenza, legalità e di efficacia ed al fine di conseguire, in termini pratici, i risultati prefissati in tema di tutela degli interessi pubblici.

Ecco alcuni esempi:

Concessioni Autostradali Venete Spa, concessionario del passante di Mestre, della Tangenziale di Mestre e del Raccordo con l’aeroporto Marco Polo di Tessera. Michele ADILETTA vanta un curriculum di tutto rispetto: dopo essersi laureato in ingegneria aeronautica è stato per circa dieci anni in ITALPOSTE del gruppo IRI (maturando, tra l’altro, esperienze estere come quella “della prima fase di ristrutturazione di una scuola professionale in Mozambico”) per poi approdare in ANAS dove ha scalato rapidissimamente quasi tutta la piramide gerarchica. Ed infine, nel 2015, dopo essersi congedato da ANAS è stato contestualmente nominato, dalla stessa ANAS, AD di CAV Spa. (vedi curriculum vitae)
ANAS Spa, concessionario della rete stradale nazionale. Gianni Vittorio ARMANI, anch’egli con un pedigree di eccellenza: dopo essersi laureato in ingegneria elettronica, e con in tasca un prestigiosissimo Master in Business Administration in gestione finanziaria al famoso MIT, ha lavorato per numerose società di eccellenza fino a ricoprire la carica di Amministratore Delegato di TERNA Spa, prima, e di ANAS Spa, poi. (vedi curriculum vitae)
SAVE Spa, società che gestisce l’aeroporto “Marco Polo” di Venezia. Paolo SIMIONI, attuale Amministratore Delegato di ATAC Spa e prima, appunto, di SAVE, come recita il suo curriculum “nel corso degli ultimi 17 anni, ha acquisito un’importante esperienza nella gestione di aziende operanti nel settore dei trasporti, in regime di concessione, e in quello della riqualificazione, valorizzazione commerciale di infrastrutture di mobilità e nel mondo Retail”. (vedi curriculum vitae)   

Per carità, siamo sicuri che i manager sopra citati non saranno neppure lambiti dall’inchiesta della magistratura friulana e, fino a prova contraria, facciamo massimo affidamento alle loro (identiche) affermazioni circa il fatto che le rispettive società siano da considerarsi “parte offesa” nell’indagine, come risulterebbe riportato nello stesso decreto di acquisizione documentale.

Almeno per il momento.

E poiché siamo altrettanto sicuri che offriranno la più ampia collaborazione agli organi inquirenti fornendo tutta la documentazione richiesta e le informazioni del caso, ci permettiamo di suggerire alcune domande da porre loro, al fine di fare piena luce (il più velocemente ed approfonditamente possibile) su eventuali responsabilità, omissioni, complicità interne alle pubbliche amministrazioni e di comprendere come le imprese indagate siano riuscite per tutto questo tempo a ‘fargliela sotto il naso’. Ovviamente nel caso in cui i reati ipotizzati riguardino anche appalti affidati anche dalle sopracitate società. 

Ma prima ancora di entrare nello specifico, intendiamo fare un’ulteriore precisazione: l’idea di focalizzare l’attenzione su SAVE e sul mondo ANAS non è casuale.

Indipendentemente dai risvolti penali dell’indagine e dall’attuale apparente assenza di contestazioni a carico delle stazioni appaltanti e dei relativi manager, non possiamo dimenticare che proprio in questi giorni dovrà essere nominato il nuovo Amministratore Delegato di ANAS spa.

Non spetta ad AppaltiLeaks stilare un bilancio della “gestione Armani”.

Abbiamo criticato per anni l’opaca ed approssimata gestione degli appalti e denunciato, fin da subito, l’abuso e l’uso distorto dell’istituto dell’accordo quadro; un modus operandi che ha consentito (e consente tutt’ora) di affidare centinaia di milioni di euro nella più assoluta indeterminatezza dell’appalto e con una tale ‘discrezionalità’ da sconfinare in un vero e proprio arbìtrio amministrativo. Anche quando eravamo una voce isolata e tutti (imprese, professionisti, organizzazioni imprenditoriali, organi di stampa, Ministeri ed ANAC) consideravano Armani l’uomo giusto al comando della più grande stazione appaltante del Paese.

Ed oggi che è stato dimissionato non saremo certo noi, da sempre garantisti, ad infierire.

Nonostante il precipitare degli eventi degli ultimi mesi, innescati da interrogazioni parlamentari esplosive ed inchieste giornalistiche, abbiano denunciato possibili irregolarità nelle assunzioni di dirigenti e funzionari, operazioni sospette all’estero (Qatar e Russia), collegamenti con il Gruppo privato Gavio, opache attività estere della controllata ANAS International Enterprise e, più in generale, una condotta non proprio diversa dalle gestioni precedenti, AppaltiLeaks intende perseverare nel proprio modello di analisi: occuparsi di fatti e non di pettegolezzi o voci di corridoio.

La magistratura e gli organi di controllo parlamentari ed istituzionali (ANAC, MIT, Corte dei Conti, etc.), se lo vorranno, chiariranno tutte queste vicende.

E se così fosse, speriamo di comprendere anche come sia stato possibile che l’ANAS di Armani (Responsabile dell’anticorruzione e trasparenza incluso) abbia revocato la costituzione di parte civile nei confronti della Dama Nera (e favorito, quindi, il relativo patteggiamento) quando, invece, per una moltitudine di normali dipendenti – in causa per legittime rivendicazioni salariali, di inquadramento o di stabilizzazione di rapporti di lavoro temporaneo – i relativi contenziosi vengono coltivati fino in Cassazione, per di più dai soliti legali esterni alla stessa ANAS.

Analoga precisazione va fatta per l’ing. Paolo Simioni, accreditato da molti organi di informazione come il possibile successore di Armani.

Ad AppaltiLeaks non interessa affatto il perché questo esperto manager sia stato chiamato da centinaia di chilometri di distanza a sedersi sulla più alta poltrona dell’ATAC dall’assessore alla Partecipate del Comune di Roma, Massimo Colomban (come se nella Capitale non vi fossero altrettanti validi manager che conoscano però, meglio, i disagi del trasporto pubblico e la stessa città) né, parimenti, le oscure ragioni per le quali dovrebbe essere distolto proprio adesso dal lavoro, che lì ha appena cominciato, per affidargli la guida di un’altra azienda che non conosce affatto.

E tantomeno ci interessa dar credito alle oscure ed indimostrate trame, circolanti nelle ultime ore, in ordine ai rapporti interventisti che legherebbero lo stesso Colomban alla Casaleggio & Associati e, perfino, al potente Giancarlo Elia Valori nella ‘partita’ delle imminenti nomine ANAS. Se così fosse tanto varrebbe la pena, per andare sul sicuro, nominare direttamente quest’ultimo: ma, ne siamo sicuri, sono solo fake-news che possono affascinare i complottisti di sempre ma, di certo, non AppaltiLeaks.  

Anche qui, occorre analizzare solo i fatti ed i problemi irrisolti in ATAC: la politica del personale, l’incapacità a trovare un solo concorrente per l’appalto di fornitura di 320 autobus, i quotidiani incendi di mezzi di trasporto nel centro di Roma, i guasti aumentati del 70%, il 65% dei romani che si dichiara insoddisfatto del servizio, le corse soppresse, gli autobus fermi in officina per mancanza di pezzi di ricambio, l’evasione tariffaria e, per quanto qui interessa, soprattutto la precedente gestione di SAVE Spa (come detto, interessata dall’Operazione “Grande Tagliamento” della Procura della Repubblica di Gorizia) possono essere dimenticati e messi da parte, a danno di turisti e cittadini romani, per traghettare Simioni in un settore totalmente diverso? La mancata risoluzione di questa situazione può garantire la ricostruzione di un’ANAS Spa ormai allo sbando e ridarle efficienza e credibilità?

E poi vi è un altro aspetto da considerare: al di là della riconosciuta professionalità ed integrità di Simioni e della sua lunga esperienza lavorativa, potremmo comunque assistere alla solita infornata di dirigenti esterni come accaduto nell’era Pozzi-Ciucci-Armani e rassegnarci ad un altro lungo periodo di stallo operativo per consentire ai nuovi arrivati di conoscere questa complessa organizzazione ed imparare a governarla. Ma non è tempo di rindossare il grembiule di scuola né altri tipi di grembiulini, occorre agire velocemente, bene ed in modo trasparente per disincagliare l’ANAS dalla secca in cui è stata arenata.

Ma torniamo al merito vero del presente intervento e delle criticità che discendono dal coinvolgimento di una ventina circa di amministrazioni pubbliche:                 

1)   com’è possibile che manager così esperti non siano stati in grado di accorgersi, per anni, dell’esistenza di cartelli di imprese e di cosi ripetute turbative d’asta?

2)   quali linee strategiche hanno dettato alle proprie strutture per evitare una così diffusa ed alta ricorrenza di frodi nelle pubbliche forniture?   

3)   come hanno potuto affidare la gestione degli appalti a dirigenti e commissioni di gara incapaci di intravedere la “costituzione di associazioni e raggruppamenti temporanei meramente cartolari” e di smascherare “la falsa indicazione documentale di dotazioni logistiche e strumentali al fine di incrementare il punteggio tecnico attribuito dalle commissioni aggiudicatrici”?

4)   quali direttive hanno impartito per evitare il consolidarsi di “prassi contrarie alla legge anche in ordine all’utilizzo di contratti di subappalto per quote superiori al limite normativo del 30%”?

5)   perché in alcuni piani anticorruzione (cliccare sui link per scaricare gli esempi di ATAC ed ANAS) non è stata neppure rilevata come area di rischio quella del subappalto non autorizzato e della proliferazione di sub-contratti elusivi dei divieti normativi? E’ possibile verificare se in quelli in cui, invece, è stata correttamente mappata (come ad esempio in CAV Spa) sono state, comunque, riscontrate dalla magistratura delle ipotesi di reato? Ed ancora, perché nella Sezione trasparenza del Gruppo SAVE non è disponibile il relativo piano anticorruzione?

6)   se tali prassi illecite sono state accertate, per l’ennesima volta, solo dalla magistratura e dagli organi di polizia giudiziaria, ha un senso pratico scrivere pagine e pagine di codici etici e piani anticorruzione, poi, lasciati li a dormire su qualche scrivania? Cosa hanno controllato gli uffici di auditing interno, gli organismi di vigilanza ed i responsabili della prevenzione della corruzione e trasparenza (alcuni dei quali, come nel caso ANAS, vere e proprie eccellenze nel campo investigativo – vedi ad esempio il curriculum vitae di Roberto Massi) affinché i soggetti preposti alla conduzione dell’appalto si svegliassero dal letargo, forse ‘indotto’, e si accorgessero che il subappaltatore stava prendendo il posto dell’appaltatore?

7)   in tanti anni di studio e lavoro, chi ha le redini delle più grandi stazioni appaltanti del Paese ha avuto notizia che tramite il contestuale utilizzo di subappalti, noli a caldo e a freddo, fornitura con posa in opera e cessioni di personale si realizza quotidianamente una cessione illecita (anche se solo parziale) dell’appalto? Sono consapevoli che l’aggiramento della normativa vigente è possibile solo ed esclusivamente grazie alla connivenza e/o all’ignoranza dei loro (ir)responsabili del procedimento, dei direttori dei lavori e dei responsabili della sicurezza in fase di esecuzione?

8)   la Procura della Repubblica di Gorizia chiederà a qualcuno dei manager delle stazioni appaltanti interessate dall’inchiesta se ha mai letto la Determinazione n°6 del 27 febbraio 2003 dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici, che stabilì che per tutti i sub-affidamenti non qualificabili come subappalti, pur in assenza di un obbligo di autorizzazione, deve comunque essere assicurato il rispetto dei principi generali che regolamentano la materia e che, quindi, va riconosciuto ai soggetti preposti alla conduzione dell’appalto il diritto-dovere di esercitare appieno il ruolo attribuito in forza di legge, con ciò potendo configurare – indirettamente – delle limitazioni nel ricorso agli anzidetti sub-affidamenti? Ed i manager di cui parliamo sono a conoscenza che, anche per i medesimi sub-affidamenti non qualificabili come subappalti, la stazione appaltante – “al fine di evitare un aggiramento delle norme che regolano il subappalto, mediante l’ingiustificato ricorso a subcontratti frazionati e ripetuti nel tempo, con l’intento di mantenere sotto soglia i subcontratti medesimi così frazionati e di eludere la configurazione dei medesimi obblighi normativi correlati al subappalto dei lavori” – devono esercitare i propri poteri di controllo?

Le domande che potremmo porre – facendo affidamento sulle contestazioni della Procura della Repubblica di Gorizia – sono pressoché infinite ed impongono un prolungamento approfondito delle indagini per chiarire, come abbiamo già avuto modo di auspicare, quali siano le responsabilità (omissive o complici) delle organizzazioni aziendali di tutti gli enti pubblici coinvolti nell’inchiesta.

È di solare evidenza, infatti, che – se si è creata e consolidata una “diffusa prassi contraria alla legge anche in ordine all’utilizzo di contratti di subappalto per quote superiori al limite normativo del 30% e di frode nelle pubbliche forniturequesto è stato possibile perché chi doveva controllare o far controllare non sapeva né controllare né fare in modo che qualcuno controllasse.

E, forse, proprio per questo si preannunciavano decine di migliaia di assunzioni senza esperienza…

Una situazione gravissima che non può essere sottaciuta ed a cui occorre porre un freno, tanto più che grazie al Decreto Sicurezza (DL 113 del 4 ottobre 2018), ormai convertito in Legge, sono state finalmente inasprite le sanzioni per i subappalti illeciti. In particolare, vengono innalzati i tempi di reclusione per chi, avendo in appalto opere riguardanti la pubblica amministrazione, concede in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte, le opere stesse, senza l’autorizzazione del committente. In questo caso, la Legge (la famosa ‘Rognoni-Latorre’ n.646 del 1982), fino ad oggi, prevedeva la pena dell’arresto da sei mesi a un anno e un’ammenda non inferiore a un terzo del valore dell’opera concessa in subappalto o a cottimo e non superiore ad un terzo del valore complessivo dell’opera ricevuta in appalto.

Prima il decreto Sicurezza, e ora la sua legge di conversione, trasformano i reati in questione da contravvenzioni in delitti, e li puniscono con la pena della reclusione da uno a cinque anni, lasciando tuttavia immutata l’entità della multa.

Ciò vale, sì, tanto per il subappaltatore e l’affidatario del cottimo ma è evidente che tale fattispecie di reato (desideriamo sottolinearlo ancora una volta) è irrealizzabile senza il concorso colposo o doloso degli agenti della stazione appaltante, o quanto meno di quelli preposti alla conduzione dei lavori.

 

Nota per il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Gentile Avv. Toninelli,

sappiamo bene quanto sia difficile sedere sulla Sua poltrona e quanti problemi debba risolvere in questo momento: dal crollo del Viadotto Morandi al collasso – sotto il peso di interrogazioni parlamentari e scandali di vario tipo – dell’immagine di ANAS.

Come ha già avuto modo di dichiarare, l’improcrastinabile e profonda ristrutturazione della più grande stazione appaltante d’Italia, al pari di quanto già da Lei fatto in Ferrovie, deve essere affrontata in modo serio ed incontestabile privilegiando unicamente il merito e la competenza professionale interna.

ANAS deve essere riportata, rapidamente, alla sua originaria funzione: quella di un’azienda tecnica, braccio operativo del Suo Ministero, dismettendo le vesti di quella fantasiosa holding di partecipazione portata in giro per il mondo a fare, non lo si è ancora capito, chissà cosa. È francamente ridicolo quanto è avvenuto negli ultimi anni: nel mentre in Italia si abdicava all’esercizio delle più elementari e tradizionali attività la stessa ANAS veleggiava verso paesi lontani ed esotici per acquisire commesse e stringere accordi commerciali che non conosciamo, ancora, quali benefici abbiano prodotto. 

Pur disponendo di un esercito di migliaia di tecnici, perfino la progettazione definitiva e le attività di assistenza al RUP sono state incredibilmente esternalizzate e solo la Corte dei Conti potrà accertare quale sia stato il costo inutilmente sopportato dai cittadini per questa illuminata gestione delle risorse erariali!

AppaltiLeaks non parteggia per nessuno dei candidati (anche se, francamente, alcuni dei nomi in circolazione sono oggettivamente imbarazzanti e/o portatori di interessi ) ma riteniamo che – nell’interesse dei cittadini e del mondo imprenditoriale – sia giunto il momento di porre fine alla gestione degli ultimi dieci anni.

Auspichiamo che siano ristabilite, al più presto, legalità e trasparenza nelle assunzioni dei dirigenti e che, soprattutto, siano cortesemente messi alla porta tutti coloro che hanno concorso, sia pure in minima parte, ai fatti denunciati da decine di Senatori della Repubblica Italiana. 

È ora di dire basta agli alchimisti del bilancio, ai fantasisti delle operazioni societarie estere, ai laureati in ingegneria che non hanno mai progettato un chilometro di strada, agli ingegneri che progettano di nascosto per le imprese ma non per l’ANAS da cui dipendono, agli ‘esperti’ di appalti che non hanno mai letto da cima a fondo il codice degli appalti (e se lo hanno fatto hanno cercato di piegarlo alle proprie ‘esigenze’), ai controllori che non controllano, a chi si è illuso di saper far tutto e bene, agli improvvisati ‘campioni’ buttati in campo all’ultimo momento da poteri vecchi e logori che non ne vogliono sapere di essere disarcionati, a tutti coloro che speravano che cadesse Lei prima di qualcun altro ed ai ‘cavalli di Troia’ che le lasciano davanti Porta Pia …

Occorrono, per il futuro, tecnici preparati ed onesti dotati di tre capacità:

–       il fare: il sistema si cambia da dentro ed i clamorosi fallimenti di chi è arrivato dall’esterno con l’idea di demolire lo hanno dimostrato oltre ogni più pessimistica previsione. Sono arrivati piagnucolando di non potersi fidare di nessuno e se ne sono dovuti andare quando è stato chiaro che nessuno avrebbe dovuto fidarsi di loro. È altamente consigliato ricostruire, riproporre, riprogettare, rilanciare e rivalutare l’esistente, indirizzandolo verso qualcosa di nuovo;

–       il saper fare: se si vuole davvero che le cose cambino è necessario affidare le redini di ANAS a chi sappia mettere a disposizione dell’organizzazione aziendale le proprie competenze, diffonderle, raffinarle. Saper fare è stata una dote estremamente svalutata nell’ultimo decennio, ma resta la più importante. Saper fare prima di “voler essere” o peggio ancora prima di “credere di essere” è fondamentale per il raggiungimento di qualsiasi obiettivo.

–       ed il saper far fare: se si desidera smentire, nei fatti, il dott. Cantone (che, in un celebre    fuori-onda, dopo l’assunzione clou di un dirigente indagato e neppure laureato, affermò sconsolato “ANAS non cambierà mai”) la Sua scelta dovrà necessariamente ricadere su qualcuno che sappia, con riconosciuta autorevolezza, trasmettere l’arte del saper fare. Un’arte sempre più rara che nessun master è riuscito ancora a garantire.  

Tutto qui. 

L’Italia non può aspettare.

Il nostro più sincero in bocca al lupo.

Share the Post:

Articoli correlati

Focus Gare
AppaltiLeaks

Misteri degli accordi quadro ANAS: ti aggiudichi un lotto territoriale ma lavori in un’altra regione.

L’allegra gestione dei contratti pubblici è ormai cosa nota. E le norme che li disciplinano, spesso, sembrano codificate solo per essere aggirate. Ma nel caso che vi raccontiamo non rischiano solo i pubblici funzionari animati dall’ansia di prestazione (e forse dalla voglia di far carriera venendo incontro ai desiderata della politica) ma anche lo stesso appaltatore che si espone, anche in buona fede, al concreto rischio di commettere un grave illecito professionale.

Leggi tutto »
error: Content is protected !!