Misteri degli accordi quadro ANAS: ti aggiudichi un lotto territoriale ma lavori in un’altra regione.

Misteri degli accordi quadro ANAS: ti aggiudichi un lotto territoriale ma lavori in un’altra regione.

L’allegra gestione dei contratti pubblici è ormai cosa nota. E le norme che li disciplinano, spesso, sembrano codificate solo per essere aggirate. Ma nel caso che vi raccontiamo non rischiano solo i pubblici funzionari animati dall’ansia di prestazione (e forse dalla voglia di far carriera venendo incontro ai desiderata della politica) ma anche lo stesso appaltatore che si espone, anche in buona fede, al concreto rischio di commettere un grave illecito professionale.

Avvertenza – Non nutriamo il benché minimo sospetto che quanto di seguito evidenziato possa ritenersi indice di pratiche volutamente illecite ma riteniamo che il comportamento del responsabile del procedimento, dei funzionari e dei dirigenti a qualunque titolo coinvolti dalla procedura di appalto utilizzata come esempio siano meritevoli di approfondimento e riflessione per rassicurare tutti circa l’avvenuto rispetto del principio di massima legalità e trasparenza imposta dal codice degli appalti. Partendo dal presupposto che le condotte dei pubblici ufficiali di ANAS (al pari di quello dell’impresa interessata dal caso trattato) sia irreprensibile ed improntato alla massima legalità, siamo pronti, comunque, a pubblicare atti, documenti e repliche di tutti coloro che volessero intervenire. E se vi fosse qualche errore da parte nostra (dovuto alla mancata pubblicazione nella sezione ‘trasparenza’ del sito istituzionale di ANAS non vi è alcun problema: non appena ci saranno forniti i dati ufficiali saremo ben lieti di darne conto ai nostri lettori e, se del caso correggere la nostra analisi.

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Sia nei settori ordinari che nei settori speciali, le stazioni appaltanti possono suddividere gli appalti in lotti funzionali ovvero in lotti prestazionali in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture.

La scelta di frazionare gli appalti, mediante una suddivisione in lotti di gara è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante che, tuttavia, dovrebbe operare una corretta pianificazione degli interventi e valutare se le “parti” di un intervento, singolarmente considerate, possiedono un’autonoma funzionalità ed utilità correlata all’interesse pubblico, indipendentemente dalla realizzazione dell’opera complessiva.

In ogni caso, come statuito dall’art. 59 del Codice, la stazione appaltante non può ricorrere agli accordi quadro in modo da eludere l’applicazione del codice o in modo da ostacolare, limitare o distorcere la concorrenza.

Questo il principio base che regola questo mostruoso istituto che ormai da oltre dieci anni viene, nel migliore dei casi, applicato in modo distorto per ovviare all’incapacità progettuale e programmatica della stazione appaltante o, nelle ipotesi più patologiche, strumentalmente utilizzato per favorire l’amico di turno, tanto in fase di gara quanto in quella esecutiva.

La cronaca giudiziaria, anche recente, offre un ricchissimo repertorio di inchieste che, di volta in volta, raccontano di accordi quadro scritti su misura, disciplinari e capitolati passati sottobanco su pendrive in un ristorante o direttamente a casa di soggetti agli arresti domiciliari e, last but not least, commissari di gara nominati ad hoc per “fare il lavoro sporco” (ma, ciò nonostante, quasi mai indagati o destinatari di provvedimenti cautelari).

Ma non è di questo che vogliamo occuparci nel nostro breve intervento quanto dei rischi in cui l’appaltatore potrebbe incorrere qualora, piegandosi ad una richiesta del committente, acconsentisse, senza valutare appieno le conseguenze, alla violazione della norma secondo la quale “quando l’accordo quadro sia concluso con un solo operatore economico, gli appalti sono aggiudicati entro i limiti delle condizioni fissate nell’accordo quadro stesso” (art. 59, comma 3).

Spieghiamoci meglio con un esempio pratico che sta facendo molto discutere: l’Accordo Quadro quadriennale per l’esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria per il risanamento strutturale di opere d’arte su tutto il territorio nazionale,  suddiviso in n. 24 Lotti. 

In data 27.11.2020, ANAS Spa dava avvio alla procedura di gara DG 161-20 (peraltro già oggetto di indagine da parte della Procura della Repubblica di Roma) mediante la pubblicazione del relativo Bando sulla Gazzetta Ufficiale – 5a Serie Speciale – Contratti Pubblici n.139.

Le operazioni di gara venivano successivamente espletate ed il relativo esito veniva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – 5a Serie Speciale – Contratti Pubblici n.61 del 29.05.2023.

Dall’esame di tali documenti emerge, per quanto qui interessa, che uno dei numerosissimi 24 Lotti (e più precisamente il n. 12, circoscritto alla sola regione Marche ed identificato con il codice CIG: 8519252526) fu aggiudicato ad un ATI composta da due mandanti ed una mandataria (una notissima e qualificata impresa protagonista nel campo delle grandi opere infrastrutturali).

Al riguardo, teniamo ad evidenziare che il bando di gara prevedeva espressamente quanto segue “II.2.14) Informazioni complementari: Il presente appalto è suddiviso in 24 (ventiquattro) lotti. (…) Al fine di garantire il più ampio accesso alla procedura di gara, i concorrenti, ai sensi dell’art. 51, comma 2, del D.lgs. 50/2016, potranno partecipare presentando l’offerta per un solo lotto, qualificandosi unicamente per il lotto prescelto. Pertanto, un operatore economico che intenda partecipare ad uno dei lotti della presente procedura di gara, non può presentare offerta per nessun altro lotto della medesima procedura. Non saranno, quindi, ammesse le offerte presentate, per eventuali ulteriori lotti, dagli operatori economici che già partecipino ad un lotto. (…) In caso di violazione della regola di gara sopra descritta, il concorrente, in applicazione della disciplina di cui all’art. 83, comma 9, D. Lgs n. 50/16, sarà invitato a individuare il lotto al quale intende mantenere la partecipazione e sarà escluso dall’altro e/o dagli altri lotti.

Ma vi è di più.

La lex specialis ed i relativi documenti a corredo non prevedevano alcuna possibilità che i contratti applicativi attivabili nel corso della durata dell’accordo quadro potessero riguardare ambiti territoriali diversi da quello del lotto di aggiudicazione (nella fattispecie la regione Marche); anche laddove fossero emerse esigenze della committente ANAS.

Una possibilità che ovviamente striderebbe, sia dal punto di vista logico che tecnico-amministrativo, con la stessa suddivisione dell’appalto in lotti ma che, ciò nonostante, ANAS ha voluto inserire nelle pieghe dei bandi di altre procedure (a titolo esemplificativo rinviamo alla lettura dello Schema di accordo quadro lavori della recentissima Gara DG 06/24, tutt’ora in corso, secondo cui “L’elenco dei lavori ubicati lungo le strade di cui all’allegato “A” potrà, eventualmente essere integrato e/o modificato anche in riferimento ad un ambito territoriale diverso da quello di applicazione dell’Accordo Quadro, a seguito di esigenze che si rendano necessarie senza che l’Appaltatore possa sollevare eccezione alcuna. Tale facoltà è esercitabile purché rimangano inalterate tutte le condizioni contrattuali”).

Ma, qui, poco importa. Nell’accordo quadro in esame tale (fantasiosa) possibilità non era contemplata perché lo Schema di accordo quadro prevedeva unicamente quanto segue “Con la conclusione dell’Accordo Quadro l’Appaltatore si impegna ad assumere i lavori che successivamente e progressivamente saranno richiesti dall’ANAS SpA, ai sensi del presente Accordo Quadro entro il periodo di validità ed il tetto di spesa previsti. L’elenco delle opere d’arte ubicate lungo le strade di cui agli Allegati A potrà, eventualmente, essere integrato e/o modificato nell’ambito del territorio di applicazione dell’Accordo Quadro, a seguito di esigenze che si rendano necessarie senza che l’Appaltatore possa sollevare eccezione alcuna, mantenendo inalterate tutte le condizioni contrattuali.

Una previsione ‘giusta’ o quanto meno in linea, questa sì, con i profili di assoluta indeterminatezza dell’accordo quadro all’italiana che (ce ne siamo fatti una ragione) ANAC ha da tempo deciso di non vedere o comunque di non contrastare.     

In pratica, come previsto dal contratto di accordo quadro in questione, l’ATI aggiudicataria – per mantener fede agli impegni presi – avrebbe potuto e dovuto eseguire lavorazioni solo ed esclusivamente all’interno del territorio regionale marchigiano senza alcun obbligo ulteriore per appalti. Anche se “l’elenco delle opere d’arte ubicate lungo le strade di cui agli Allegati A” (strade statali della sola regione Marche) avrebbe potuto subire qualche integrazione e/o modifica.

Ma questo vincolo è stato rispettato?

Pare proprio di no.

Risulta infatti che, ancora oggi, la medesima ATI stia eseguendo nel Lazio (ossia nel diverso Lotto 13 – CIG 851925579F – un’opera rientrante nel programma Giubileo 2025 e, più precisamente, i  “Lavori di consolidamento e restauro conservativo del Ponte dell’Industria – Codice SIL ATMERM00044 – Codice Intervento: RM7987 – Codice CUP: J85F21003630004”; ossia un appalto che – sfruttando l’Accordo Quadro quadriennale sopracitato (giova ripeterlo il Lotto 12 circoscritto alla sola regione Marche) – nulla, ma proprio nulla ha a che vedere né con il territorio marchigiano né con i diritti, i doveri ed i vincoli regolati dall’atto (pubblico) contrattuale che l’ATI in questione aveva sottoscritto.

Una circostanza incredibile che – in disparte ogni valutazione sulla responsabilità dei pubblici funzionari che hanno ritenuto di poter assumere tale decisione per conto di ANAS Spa – potrebbe prefigurare un grave illecito professionale in capo all’ATI esecutrice, esponendola ad una concorrente responsabilità derivante dal travalicamento dei limiti di una corretta condotta professionale e di un rigoroso rispetto dei principi di piena correttezza e buona fede.

Condotte, tutte queste, che potrebbero teoricamente aggravarsi, ancor di più, per effetto di un’incauta (o peggio consapevole) omessa dichiarazione all’interno del DGUE presentato in occasione di successive gare di appalto.

Poco importa, giova sottolinearlo, che la stessa ANAS abbia proposto all’ATI (non si sa per quale motivo e secondo quale criterio di pubblicità e trasparenza) di eseguire lavori estranei sia all’ambito contrattuale che territoriale di riferimento; ciò che rileva è la “disponibilità” e/o l’interesse patrimoniale dell’ATI in questione ad eseguirli pur nella piena consapevolezza che tale affidamento pare confliggere con le più elementari norme regolatrici dei contratti pubblici, esorbitare il legittimo e sano esercizio dei poteri pubblici della Committente e, cosa non meno importante, creare un potenziale danno all’aggiudicatario del Lotto 9 Lazio – CIG: A0330FA190 che avrebbe avuto il diritto, lui sì, di eseguire i “Lavori di consolidamento e restauro conservativo del Ponte dell’Industria.

Inutile, a nostro avviso, appellarsi ad una debole difesa invocando la solita “urgenza dei lavori” e/o la ‘copertura’ offerta da un eventuale assenso del Commissario Straordinario del Giubileo e Sindaco Roberto Gualtieri. Ciò che occorrerebbe sapere, invece, è:  

  • il perché ANAS non abbia affidato i lavori a chi era contrattualmente tenuta ad eseguirli in quel territorio?
  • il come, il perché e sulla base di quale norma o disposizione contrattuale ANAS abbia scelto proprio quell’ATI e non uno degli altri ventitré aggiudicatari dei restanti lotti della Gara DG 161-20;
  • secondo quali canoni di pubblicità e trasparenza tutti gli altri operatori potenzialmente interessati sono stati tenuti all’oscuro di tale circostanza privando, probabilmente, la stessa ANAS (circostanza tutt’altro che remota) di avvantaggiarsi di condizioni economiche più favorevoli per l’Erario.    

Ma ritorniamo alle conseguenze in capo all’ATI esecutrice.

L’articolo 98, comma 2, del nuovo Codice degli appalti, in materia di illecito professionale grave, prevede le condizioni e i casi che possono integrare una causa di esclusione non automatica dalla procedura di appalto.

Queste sono:

  • il presupposto oggettivo (i casi previsti dal comma 4);
  • l’incidenza dell’illecito sull’affidabilità e integrità dell’operatore;
  • gli adeguati mezzi (di prova di cui al comma 7).

In particolare, per quanto qui interessa, l’illecito professionale si può desumere anche al solo verificarsi di una condotta dell’operatore economico che, oltre alle altre ipotesi, abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione (comma 3, lettera b).

E, in tale ipotesi, costituisce mezzo di prova adeguato la presenza di indizi gravi, precisi e concordanti che rendano evidente il ricorrere della situazione escludente.

Per tali semplici ragioni suggeriamo alla mandataria dell’ATI in questione di dichiarare, sempre e comunque (come ci auguriamo abbia fatto trasparentemente nel frattempo) ed in modo chiaro e preciso, tale rilevantissimo accadimento per consentire alle singole Commissioni di gara di poter esperire le giuste valutazioni e per mettersi al riparo da (sia pur possibili e giustificate) richieste di estromissione avanzate da altri concorrenti.

Sul punto, è opportuno rammentare che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza, la valutazione circa la ricorrenza delle cause non automatiche  di esclusione dalle gare pubbliche, ivi compresa quella prevista dall’art. 98,  comma 3, lettera b, del d.lgs. n. 36/2023, rientra nell’ambito della ampia discrezionalità della P.A. ed è sindacabile solo in caso di manifesta pretestuosità e ai soli fini di un eventuale riesame da parte della stessa P.A.

La norma obbliga il concorrente ad una dichiarazione completa e chi partecipa a una gara deve dichiarare lealmente la propria situazione in virtù del principio secondo il quale è il concorrente, in piena correttezza e buona fede, a dichiarare obbligatoriamente l’esistenza di qualsiasi situazione dubbia per consentire alla Stazione appaltante di dare o meno peso a tale situazione. Chi concorre a una gara deve, quindi, dichiarare tutti gli aspetti del proprio curriculum, perché sarà poi l’amministrazione a esprimere un giudizio, ammettendo l’impresa alla gara nel caso in cui valuti veniali, risalenti nel tempo o ininfluenti le contestazioni avvenute nell’esecuzione di altre opere o servizi pubblici.

Tale principio interessa sia l’interessato (che potrebbe, come nella fattispecie che ci occupa, essere indotto a non dichiarare circostanze, anche solo, potenzialmente rilevanti nel timore di essere escluso), sia la stazione appaltante che hanno l’onere specifico di apprezzare le dichiarazioni dal concorrente, dando a ogni episodio, seppur remoto, un corretto peso e sia, ancora, gli altri concorrenti che potrebbero contestare le determinazioni assunte dal seggio di gara.

In definitiva, il concorrente deve garantire che la stazione appaltante venga messa a conoscenza dell’esistenza di qualsiasi fatto idoneo ad integrare gli estremi del grave errore professionale ed adempiere all’obbligo di una puntuale descrizione di tali fatti e della loro incidenza causale sul rapporto fiduciario.

 

(continua)

 

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