Ponti ANAS: se li conosci, li eviti.

Altro che mantenere la distanza di sicurezza in fila al supermercato. L’unica norma di buon senso che dovremmo prudentemente rispettare sembra quella di tenersi lontani dai ponti e viadotti gestiti da ANAS. Dopo l’ennesimo crollo, cosa intende fare il Governo per assicurare l’incolumità di automobilisti e trasportatori che sopravviveranno al virus?

 

Aprile 2020. Mentre i grandi ‘esperti’ di ingegneria e di appalti appalti pubblici si rincorrono sulle colonne dei giornali per spiegare come risollevarci dalla crisi post epidemica da coronavirus, crolla l’ennesimo ponte affidato alle ‘preziose cure’ di ANAS Spa: la società pubblica che, per statuto, dovrebbe “gestire e manutenere la rete stradale e autostradale nazionale”.

Solo pochi giorni fa avevamo espresso il nostro punto di vista (vedi articolo Il partito dell’appalto selvaggio all’arrembaggio del codice) ma tutti continuavano a ripetere che il problema era il codice degli appalti fino a spingersi ad avanzare proposte che oltrepassavano il limite della decenza: visto che ci siamo (ha rilanciato il Governatore della Regione Liguria) eliminiamo anche la certificazione antimafia…

Poi, all’improvviso, un boato e tutti i TRECENTOTRENTA metri di cemento armato del ponte sul fiume Magra collassano al passaggio di due soli furgoncini. Questa volta la colpa non è dei tedeschi (che nel 1944, per impedire l’avanzata verso Nord degli Alleati, utilizzarono chili e chili di tritolo per abbatterlo) ma del naturale e prevedibile suo degrado strutturale che tutti avevano notato ma non, anche, i ‘tecnici’ dell’ANAS.

Anzi, quando ancora i calcinacci e le macerie non si erano sono assestate ecco spuntare l’ormai famosa ed imbarazzante lettera dell’ing. Vincenzo Marzi, una delle punte di diamante della struttura messa in piedi da Gianni Vittorio Armani che, prima, lo nominò Capo Compartimento ad interim dell’Ufficio Speciale per l’Autostrada Salerno Reggio Calabria (la stessa arteria stradale per la quale incappò in un processo per omicidio colposo per presunta omessa vigilanza sulla manutenzione dell’infrastruttura – segui questo link) e, poi, lo promosse a Responsabile nazionale del Coordinamento Progettazione della Direzione Progettazione e Realizzazione lavori.

Insomma un curriculum di tutto rispetto che stride con la sicumera del contenuto della lettera dello scorso agosto 2019 con cui si misero a tacere i preoccupatissimi Comune di Aulla e Provincia di Massa Carrara: state tranquilli, fatela finita, “il viadotto non presenta al momento criticità tali da compromettere la sua funzionalità statica e sulla base di ciò non sono giustificati provvedimenti emergenziali per il viadotto stesso“. 

Come sempre, AppaltiLeaks non vuole, però, farsi trascinare in un’analisi parziale e riduttiva ma analizzare cosa si cela dietro questa ennesima ‘perla gestionale’ di ANAS Spa.

Troppo scontato accodarsi ai cacciatori del ‘colpevole di turno’ (sport nazionale ogni qualvolta succede quello che non doveva succedere) e troppo semplice accusare solo il signor Marzi che probabilmente, fidandosi della vista a raggi X di qualche suo sottoposto, non è neppure mai stato sul viadotto. Inutile come le solite risibili scuse ed attenuanti che i difensori dei futuri indagati invocheranno a loro discolpa: mancanza di fondi, tagli assurdi alle manutenzioni, riduzioni del personale, burocrazia che distoglie l’attenzione dei tecnici dal loro mestiere, carico di lavoro che non permette di seguire i tanti cantieri e bla, bla, bla…

Tutte balle! Nel dorato mondo di ANAS non ci sono più alibi che tengano grazie agli stipendi molto al disopra della media (il costo aziendale di un Marzi qualunque si aggira intorno ai 250.000 euro annui), ai premi di produzioni svincolati da veri e misurabili risultati meritocratici, esternalizzazione di quasi tutte le attività del core business aziendale, alle commissioni di gara della Direzione Generale impreparate o svogliate che impiegano mesi e a volte anni per affidare appalti, agli accordi quadro illegittimi ed indeterminati di cui vi raccontiamo da anni, alle continue sessioni di formazione e aggiornamento, alla disponibilità di strumenti informatici di ogni genere e tipo e, non meno importante, all’infinità di nuove assunzioni che, anno dopo anno, vanno ad arricchire l’esercito dei dipendenti ANAS ormai verso le 7.000 unità.

Insomma, nulla di cui lamentarsi tanto più che all’interno della società pubblica vi sono numerosissime professionalità di primo livello e tanti tecnici, amministrativi e legali che saprebbero svolgere il proprio lavoro in modo efficiente e professionale, se lasciati operare liberamente e senza dover chiedere la firma (anche per andare in bagno) all’incompetente “superiore gerarchico” di turno.

Evidentemente – a meno di non voler negare l’evidenza – è un problema molto più ampio che coinvolge il più alto management societario oltre che gli inefficaci sistemi di ‘controllo’ interno; nonostante il laissez-faire accordato da chi dovrebbe vigilare sull’operato di ANAS,  sembra che le ultime gestioni ANAS non siano state in grado di garantire, quantomeno, che gli automobilisti tornassero sani a salvi a casa.

In questa occasione non c’è scappato, grazie a San Coronavirus, il morto (come il povero prof. Bertini, vittima del sovrappasso di Lecco durante l’era del manager Armani) ma l’estensione del crollo sulla S.S. 330 è un record mai raggiunto neppure da Autostrade per l’Italia.       

Negli ultimi anni sono stati appaltati miliardi di euro per la manutenzione stradale e (dopo Genova) soprattutto per il monitoraggio e la messa in sicurezza delle opere d’arte (ponti, viadotti e sovrsappassi). Ma di tutto questo fiume di denaro, ben poco è stato aggiudicato in via definitiva e ancor meno è stato realizzato. L’accentramento delle gare di appalto voluto da Armani (e mantenuto da Simonini) ha solo ‘ingolfato’ la Direzione Generale impantanandosi tra sacrosanti ricorsi amministrativi e montanti lamentele e perplessità per la sospetta ricorrenza con cui alcuni operatori economici si ritrovano, troppo spesso, ai vertici delle graduatorie di gara

Il tutto aggravato dal fatto che, in senso diametralmente opposto allo spirito del nuovo codice che avrebbe voluto riportare al centro la progettazione, si continuano a pubblicare  accordi quadro senza porre a base di gara il benché minimo straccio di progetto; una furbesca invenzione degli Armani Boys (sanzionata delicatamente dall’ANAC solo in un’occasione ma poi, di fatto, dalla stessa tollerata fino ad oggi) che ancora viene irresponsabilmente ed illegittimamente applicata.    

Ma torniamo al ponte crollato che non aveva bisogno di alcun intervento di manutenzione… Speriamo davvero che, questa volta, le indagini del Ministero e della Magistratura vengano estese a tutta, ma proprio tutta, la piramide gerarchica di ANAS Spa (così come avvenuto, a Genova, per Autostrade per l’Italia dei Benetton) e che ciascuno possa essere chiamato a rispondere per quanto poteva fare e non ha fatto, o ha fatto male.     

Occorre infatti, a nostro avviso, indagare ad ampio spettro per accertare non solo “chi e come” abbia espletato la farlocca ispezione del manufatto crollato o non abbia interrotto il traffico sul viadotto ma anche il “perché” l’appalto per la manutenzione delle opere d’arte della Toscana, gestito dalla Direzione Generale, sia rimasto fermo al palo (come, peraltro, una miriade di altre procedure ancora non aggiudicate).

Nel lontanissimo dicembre del 2017, l’ex direttore degli appalti di ANAS, Adriana Palmigiano (poi depennata dai ruoli dirigenziali di ANAS assieme al dimissionato Armani), mandò in gara un dei suoi soliti mega accordi quadro (la DG 20/17); quella volta sul piatto vennero messi ben CENTO MILIONI di euro, come sempre senza progetto a base di gara. Di questo fiume di denaro, secondo le indicazioni del responsabile del procedimento (ing. Paolo Mannella), ben diciotto milioni erano riservati alla Toscana (Lotto 3), una cifra sicuramente più che sufficiente per mettere in sicurezza il ponte sul fiume Magra ed evitarne il crollo.

Ma qualcosa va storto, il primo classificato (una RTI capeggiata da un’impresa di tutto rispetto, affidabile e pure del territorio che sicuramente avrebbe saputo operare bene ed evitare il crollo) perde purtroppo, durante la fase di gara, un requisito di qualificazione. Un requisito, sì, inutile ed ingiustificato tenuto conto, come detto, dell’assenza di un progetto a base di gara ma che, comunque, no si sa perché  è stato previsto dal bando di gara al quale si è autovincolata la stazione appaltante. E cosa fa ANAS? Conferma l’aggiudicazione in suo favore pur sapendo (dato che i suoi componenti dovrebbero essere “esperti” come impone l’art. 77 del codice) che il secondo graduato avrebbe fatto ricorso, cosa che poi è puntualmente avvenuta. No, non è una barzelletta; è la verità scritta nelle sentenze di primo e secondo grado.  

Da lì, infatti, è partito un lungo (ed inutile) contenzioso che si è trascinato per oltre due anni fino allo scorso febbraio, quando il Consiglio di Stato dà definitivamente torto ad ANAS perché in capo all’aggiudicatario “non sussistono i requisiti di qualificazione obbligatoria prescritti a pena di esclusione dalla lex specialis di gara” dalla stessa ANAS. 

Questa vicenda dimostra, ancora una volta, che non si può incolpare l’impresa ricorrente che è costretta ad adire la via giudiziaria per tutelare i propri legittimi interessi e che le regole del codice degli appalti non devono essere cambiate o derogate ma, unicamente, studiate, comprese e rispettate.

Il ritardo dell’avvio dei lavori è, a quanto risulta dagli atti, da ascriversi, esclusivamente:

  • alla Commissione di gara, evidentemente costituita da soggetti bisognosi di studio ed aggiornamento, 
  • al responsabile della Direzione Appalti, che avrebbe dovuto astenersi dal procedere all’aggiudicazione in favore di un concorrente sprovvisto di un requisito di qualificazione previsto, a pena di esclusione, dalla stessa ANAS;  
  • al responsabile della Direzione Legale ed agli avvocati che si sono intestarditi in un’impossibile difesa della Commissione, che avrebbero dovuto rilevare la sicura soccombenza della stazione appaltante prima che ben due collegi giudicanti mettessero le orecchie d’asino al seggio di gara e forse non solo a loro;
  • e, per finire, al responsabile del procedimento, che, laddove strutturato professionalmente per ricoprire il ruolo fondamentale di ogni appalto, avrebbe dovuto tenere le redini dell’intera vicenda rimediando alle incredibili mancanze dei suoi colleghi.

E’ mai possibile che nessuno di questi funzionari e dirigenti sia sia reso conto dell’assoluta illegittimità dell’operato di ANASche ha consentito al raggruppamento risultato primo in graduatoria di modificare, ex post, le quote di esecuzione dei lavori, rispetto a quelle dichiarate al momento della presentazione dell’offerta, al fine di dimostrare il mantenimento del possesso dei requisiti di qualificazione” e che “anche a seguito della rimodulazione delle quote … il medesimo concorrente nel suo insieme continuava a rimanere privo del possesso del requisito di qualificazione della SOA per la categoria prevista dal bando di gara”, atteso che “la dimostrazione da parte del raggruppamento del possesso del requisito richiesto doveva essere riferita all’importo complessivo dei lavori e non poteva ammettersi un suo “spacchettamento”, in modo da consentire comunque alle imprese raggruppate di eseguire i lavori”? Eppure stiamo parlando dell’ABC degli appalti, non di norme particolarmente difficili da comprendere o di dubbia interpretazione… 

Come è evidente, quindi, l’improvvida letterina dell’ing. Marzi (che, purtroppo per lui, resterà l’indelebile segno del suo breve passaggio in terra toscana) è solo una delle tante sfaccettature di un cristallo opaco e pericolosamente incrinato. E più di qualcuno comincia, finalmente, a concordare sul fatto che se ANAS non tornerà ad essere in grado di programmare, progettare, aggiudicare e verificare l’esecuzione in modo efficace e tempestivo non potrà fornire alcun contributo per il rilancio duraturo del settore e, conseguentemente, del PIL.

Un Governo che voglia davvero favorire la ripresa economica e l’ammodernamento infrastrutturale di un Paese in profonda crisi non dovrebbe neppure immaginare di risolvere i problemi gestionali che affliggono l’ANAS dell’ultimo quinquennio con un semplice cambio di casacca (come, ad esempio, trasformando in commissario straordinario un Amministratore Delegato imbiancato dalle polveri del viadotto crollatogli sotto i piedi); è ormai tempo che si proceda, più ragionevolmente e senza offesa per nessuno, ad azzerare i vertici ANAS ed affidare il timone di una barca ormai alla deriva a chi sappia riorganizzare il proprio equipaggio e riportarla sulla giusta rotta.

E questo suggerimento non deve essere raccolto perché proviene da AppaltiLeaks ma perché, come scriveva Seneca, “non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”.

Buona Pasqua.

AppaltiLeaks® – Riproduzione riservata – 11 aprile 2020

Share the Post:

Articoli correlati

error: Content is protected !!