Rito “superaccelerato”: perché le stazioni appaltanti continuano a provarci…?

Come è noto, alcune stazioni appaltanti impiegano molti mesi per concludere le operazioni di gara.

Le ragioni discendono, nel migliore dei casi, dall’incapacità gestionale dei soggetti preposti al settore appalti e acquisti o dalla scarsa produttività dei pubblici funzionari, nominati a far parte delle commissioni di gara, troppo impegnati in altre attività extra-lavorative. Nell’ipotesi peggiore, invece, il rallentamento dello scrutinio delle offerte è da ricondursi alla consapevole determinazione di distrarre l’attenzione dei concorrenti e trovare il modo di ‘dirottare’, più facilmente, l’assegnazione di un appalto ad un determinato operatore economico; tanto più quando il sistema di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Tale situazione è stata aggravata, per troppo tempo, dall’applicazione delle regole che disciplinano il rito c.d. “superaccelerato” (altrimenti detto “specialissimo”, “super speciale” ovvero “ultraveloce”) di cui al combinato disposto dei commi 2 bis e 6 bis dell’art 120 cod. proc. amm., introdotto dall’art. 204, comma 1, lett. b) e d), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, in ossequio al criterio della legge 28 gennaio 2016, n. 11, recante deleghe per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, di cui all’art. 1, comma 1, lett. bbb).

Il citato comma 2 bis dell’art. 120 cod. proc. amm. recitava: “Il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale […]”.

Grazie a questa sciagurata norma, le amministrazioni aggiudicatrici (e soprattutto quelle più corrotte) hanno avuto, per troppo tempo, vita facile per il semplice motivo che – un po’ per il mancato rispetto degli obblighi di pubblicità e trasparenza statuiti dall’art. 29 del codice degli appalti ed un po’ per l’ovvio disinteresse di qualsiasi concorrente a spendere soldi e tempo in una fase in cui non vi è alcuna certezza dell’aggiudicazione della commessa – hanno beneficiato dell’obbligata acquiescenza dei vari operatori economici. E quando qualcuno di questi, al momento dell’aggiudicazione, faceva notare che – sulla base degli atti e delle informazioni di cui disponeva il seggio di gara – un determinato concorrente (e tanto più l’aggiudicatario) avrebbe dovuto essere escluso, la stazione appaltante eccepiva l’inammissibilità del ricorso, per mancata impugnativa dell’atto di ammissione della controinteressata con ricorso super accelerato, e chiedendone comunque il rigetto in quanto infondato con articolate memorie difensive…

Insomma, uno strumento ideato appositamente per sanare automaticamente ogni eventuale illegittimità commessa dai commissari di gara in materia di ammissioni

Ora accade che le medesime stazioni appaltanti (in alcuni casi spalleggiate perfino dall’Avvocatura dello Stato) tentino – anche per le procedure di gara avviate prima dell’aprile di quest’anno – di prolungare tale modus operandi (vedi esempio sotto riportato) 

ma purtroppo per loro, anche arricchendo le proprie memorie di motivazioni metagiuridiche al limite del risibile, la pacchia è finita!

I TAR di tutta Italia stanno infatti, doverosamente, disattendendo la predetta eccezione di inammissibilità del ricorso in ragione dell’abrogazione operata dall’art. 1, comma 4, del Decreto Legge n. 32/2019 (c.d. “Sbloccantieri”), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18.4.2019, ed entrato in vigore il 19 aprile 2019 (vedi ad esempio la Sentenza TAR Lazio 13781/2019).

Quanto alla decorrenza, l’art. 1, comma 5, del Decreto Legge citato prevedeva che “le disposizioni di cui al comma 4 si applicano ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore del presente decreto“, norma intertemporale (in vigore dal 19 aprile al 17 giugno 2019) poi modificata, in sede di conversione, nel testo seguente “le disposizioni si applicano ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto” e quindi, definitivamente, dal 18.9.2019.

Ad ogni modo si trattava di norme processuali, che hanno decorrenza immediata, per espressa previsione del medesimo D.L. n. 32/2019 e l’immediato effetto abrogativo del rito “superaccelerato” previsto dal D.L. (e confermato dalla legge di conversione) rendono priva di spessore giuridico ogni eventuale eccezione delle parte resistente (stazione appaltante) volta a pretenderne l’ultrattività, ipotizzando un effetto di decadenza, che si pone in contrasto con la lettera e la ratio della novella.

Considerazioni a parte dovrebbero, poi, essere svolte sul perché una stazione appaltante “seria ed onesta” dovrebbe (anche solo tentare di) continuare  a trincerarsi dietro una norma ormai abrogata frustrando le esigenze di giustizia di un operatore economico pregiudicato dall’illegittima ammissione di uno (o più) concorrenti che, proprio per effetto della loro mancata estromissione dalla procedura selettiva, potrebbero aver impedito l’assegnazione in suo favore della relativa commessa.

Ebbene qui il discorso ruberebbe troppo tempo ai nostri lettori ma, di certo, vi è qualcuno che nutre un inconfessabile interesse (diverso e confliggente con quello pubblico) …

Per tale ragione, qualora vi trovaste in questa situazione suggeriamo agli operatori economici interessati di presentare  (previa consultazione con i propri legali di fiducia) un semplice esposto alla competente Procura della Repubblica affinché quest’ultima possa accertare, quantomeno, l’eventuale commissione del reato di abuso di ufficio prevista dall’art. 323 c.p., ipotesi tutt’altro che remota in considerazione dell’evidente tentativo degli agenti della pubblica amministrazione (ed in particolare del responsabile del procedimento e dei membri della commissione di gara) di procurare, intenzionalmente, un ingiusto vantaggio patrimoniale all’aggiudicatario ovvero arrecare al ricorrente un danno ingiusto al ricorrente.

Per altro verso, suggeriamo di presentare, parallelamente, un esposto alla Corte dei conti affinché quest’ultima possa accertare eventuali responsabilità di natura contabile (anche carico dei legali interni alla pubblica amministrazione che supportano l’attività dell?Avvocatura dello Stato) per l’inutile insorgere di un contenzioso sul punto che, inevitabilmente, comporta l’ingiusto sostenimento di costi e spese a carico dell’Erario.

AppaltiLeaks® – Riproduzione riservata – 09 dicembre 2019

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