Nel recente passato AppaltiLeaks si è già occupato del “contenzioso appalti” ANAS (vedi articolo precedente), ma come recita l’antica locuzione latina: repetita juvant.
Ci eravamo lasciati a luglio del 2017 quando fu depositata, in Segreteria dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, la Delibera numero 643 del 14 giugno 2017 in ordine all’utilizzo, da parte di ANAS spa, dell’istituto della transazione e dell’accordo bonario di cui agli artt. 239 e 240 del d.lgs. 163/06 relativamente all’attività negoziale preordinata all’acquisizione di lavori, servizi e forniture con particolare riferimento alla fase di esecuzione del contratto.
Una delibera assunta a margine di un’indagine (monca perché si ferma al lontano 31.12.2015 e non dà conto di quanto accaduto nel corso della nuova gestione) che, in estrema sintesi, illustrava il risultato dell’attività ispettiva avviata, su impulso del Presidente Cantone, per “operare una puntuale ricognizione sul contenzioso risolto e/o attualmente pendente presso ANAS spa al fine di valutare il rispetto delle norme di legge vigenti in materia con particolare riferimento agli strumenti stragiudiziali, quali gli accordi bonari e le transazioni, attivati in fase di esecuzione dei lavori dal 2012 all’ottobre 2015”.
Passano mesi ma la situazione non sembra essere per nulla mutata; anzi, gli interessi legali continuano a maturare ed i soldi pubblici (e quindi dei cittadini) continuano a essere silenziosamente fagocitati da questa immensa voragine silente.
Due giorni fa, Il Sole 24 Ore (Radiocor Plus) ci ha riferito le giustificazioni del direttore Finanza di ANAS Spa secondo cui le transazioni extragiudiziali tra l’Anas e le imprese di costruzione andrebbero a rilento perché in Via Monzambano sono “ancora costretti a rispettare tutte le procedure burocratiche della Pubblica amministrazione e ad appoggiarci all’Avvocatura dello Stato”.
Si, abbiamo letto bene.
Uno dei più importanti “Armani-boys” sembra lamentarsi del fatto che la squadra messa in campo per gestire la più grande stazione appaltante del nostro Paese debba fare i conti, quotidianamente, con il diritto e con le regole cui la pubblica amministrazione deve improntare il proprio agire quotidiano.
Non sappiamo quale sia il modello di gestione che vorrebbe essere adottato (speriamo non si pensi, anche qui, alla creazione di un bell’accordo quadro, casomai con uno studio legale privato che possa sostituire l’ingombrante Avvocatura dello Stato) ma è pur certo che, andando di questo passo (se è vero quanto affermato, “quest’anno volevamo chiudere e pagare 100 milioni di euro, ci fermeremo a 60 circa” ed ammesso che dal 2016 in poi non ne sia sorto del nuovo), occorrerà più di un secolo e mezzo perché il nuovo management riesca a portare a termine il suo compito.
Ma questa non è l’unica “notizia” degli ultimi giorni.
Quella più importante (e, con tutto il rispetto, più seria) è, invece, l’Atto di segnalazione n.3 dell’8 novembre 2017 inviato dall’ANAC al Governo e al Parlamento per mezzo del quale, dopo un’analisi dei compiti assegnati all’Anticorruzione, la massima Autorità di controllo chiede espressamente l’abrogazione dell’art. 49, comma 7 del D.L. n. 50/2017 che impone il rilascio di un suo “parere preventivo”.
Traduzione possibile: il Presidente Cantone vuole tirarsi fuori dalla pericolosissima palude del contenzioso ANAS e lasciare agli Armani-boys l’esclusiva responsabilità delle scelte che saranno assunte o meno per la definizione di questo ciclopico contenzioso.
E, di questo, il menzionato direttore Finanza dovrebbe rallegrarsi: una “procedura burocratica” in meno…
Staremo a vedere cosa succederà e se il dott. Cantone riuscirà a rendere uno po’ meno scomoda la poltrona su cui siede; è pur sempre vero infatti che, indipendentemente dalla dubbia vincolatività del suo parere, Egli non può certo esimersi (fino a quando la situazione non cambierà) di assumere altri e più delicati provvedimenti conseguenti all’esame dei singoli contenziosi.
E qui veniamo al nocciolo del nostro intervento.
In disparte i tempi e i modi in base ai quali saranno definite le singole controversie, è certo che centinaia di milioni di euro dovranno essere comunque versate alle imprese appaltatrici per una serie di motivazioni tutte ed unicamente ascrivibili alla responsabilità dei soggetti agenti per conto di ANAS Spa.
Chiunque si sia impegnato per possedere una, sia pur, minima conoscenza della materia di lavori pubblici ed abbia maturato una breve esperienza nel settore degli appalti, non può negare che le controversie di cui scriviamo riguardano, sì, moltissimi argomenti ma tutti essenzialmente riconducibili a due ordini di ragioni:
- l’inadeguatezza, la lacunosità e l’erroneità della progettazione
- l’illusione di ovviare a tali carenze progettuali nella fase esecutiva attraverso una compiacente (o incapace) direzione dei lavori ricorrendo all’iscrizione delle riserve per eludere la necessità delle varianti in corso d’opera (ormai sotto il faro degli enti di controllo).
Atteso che sono veramente pochi i casi in cui viene rinvenuta nel corso dei lavori una tomba etrusca (la cui esistenza, nonostante le verifiche archeologiche, non era immaginabile ipotizzare), il contenzioso di cui parliamo è, quasi esclusivamente, dovuto a gravissimi difetti del progetto esecutivo.
Un documento essenziale nei lavori pubblici per qualunque stazione appaltante seria, almeno fino a quando qualcuno non ha furbescamente creato l’escamotage dell’accordo quadro all’italiana (grazie al quale centinaia di milioni di euro vengono affidati, nella più assoluta indeterminatezza dell’appalto, solo sulla base di cartine geografiche del tipo di quelle appese nelle aule delle scuole elementari).
Ad ogni modo, la validazione formalistica del progetto approvato, la necessità di varianti in corso d’opera, l’esistenza di interferenze visibili anche con pochissime diottrie a disposizione, la consegna dei lavori con situazioni dei luoghi diversa da quella prevista dal progetto, la sospensione illegittima dei lavori, la ritardata ripresa degli stessi, le divergenze sulle registrazioni contabili delle opere (per quanto riguarda sia le quantità sia l’applicazione dei prezzi unitari stabiliti nel contratto), la mancata collaborazione del committente, le varianti disposte in modo illegittimo, l’errato computo del tempo previsto in contratto per la ultimazione dei lavori, lo stravolgimento esecutivo delle opere appaltate, etc. sono state (e continueranno ad essere) soltanto le conseguenze di una progettazione carente ed inadeguata. Non la causa del contenzioso poi, inevitabilmente, originatosi.
E se questo è vero (com’è vero), la responsabilità di questo contenzioso era (e resta) da addebitare al progettista, al responsabile del procedimento, al direttore dei lavori ed a tutti gli altri responsabili (territoriali e non) che hanno concorso nella creazione e nel consolidamento dei presupposti di questo immenso ed incalcolabile danno erariale.
Danno la cui quantificazione è assolutamente agevole, anche per il meno strutturato “burocrate”, atteso che la sua quantificazione corrisponde esattamente all’ammontare delle somme che saranno versate, a qualsiasi titolo, all’impresa appaltatrice.
Ma non basta.
Dando merito al presidente dell’ANAS che, dal momento del suo insediamento, si è impegnato a tutelare in ogni sede ed occasione gli interessi aziendali, occorre evidenziare che al danno emergente si affianca, inevitabilmente, anche un immenso danno all’immagine di ANAS Spa che non può, a meno di non volere creare un ingiusto vantaggio patrimoniale in favore dei suddetti responsabili, essere dimenticato.
Difficile sostenere che un furbetto del cartellino, ad esempio, abbia determinato un “vulnus” all’immagine di ANAS Spa in relazione alla percezione esterna che si ha del modello di azione pubblica ispirato ai principi e ai canoni che trovano la loro tutela ultima nell’art. 97 della Costituzione.
Difficile comprendere perché il medesimo furbetto del cartellino, per quanto il suo comportamento sia censurabile, possa aver incrinato l’immagine di ANAS sul mercato più di chi ha, deliberatamente, agito perché il contenzioso superasse l’incredibile soglia degli UNDICIMILIARDI circa di euro.
Ed ancora più difficile è comprendere le ragioni perché i suddetti responsabili non solo non siano stati ancora chiamati a rispondere delle proprie azioni (in sede contabile e disciplinare) ma, soprattutto, perché siano ancora in servizio, abbiano fatto carriera ed abbiano percepito ricchissimi premi di risultato (i famosi MBO) anche per la progettazione ed esecuzione degli stessi lavori cui il contenzioso afferisce.
Se così non fosse l’ideona di una fusione Ferrovie-ANAS sarebbe già stata realizzata e non verrebbe giudicata negativamente da chi di economia veramente se ne intende (vedi ad esempio quanto affermato dal Prof. Marco Ponti “Non ha alcuna giustificazione tecnica, né economica. Serve solo a creare una nuova IRI con una ‘frammistione’ tra politica ed impresa che speravamo davvero di non vedere più. La spiegazione è da ricercarsi nell’enorme cumulo di interessi organizzati che sta dietro al sistema”).
E quindi AppaltiLeaks torna a domandare:
- il Dott. Cantone ha segnalato alla Corte dei Conti quanto ha fino ad ora scoperto denunciando i soggetti preposti alla progettazione ed alla conduzione dei singoli appalti?
- Il magistrato delegato al controllo dell’ANAS, che assiste alle riunioni del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale e serve a verificare la gestione si attenga ai parametri di legittimità e adotti criteri di efficacia e economicità, quali iniziative ha assunto nei confronti dei medesimi soggetti?
- dove erano e cosa hanno fatto, fino ad oggi, il Collegio Sindacale e l’Internal Auditing?
- l’ANAC ha avuto modo di interrogarsi e verificare quale sia stata la funzione svolta dalla cd. “Unità Riserve” appositamente creata molti anni fa?
- In quanti e quali casi hanno trovato applicazione le Disposizioni vedi Disposizione 74/2008 e Disposizione 193/2008)?
- può escludersi l’esistenza di condotte penalmente rilevanti in capo a coloro che hanno, quindi, deliberatamente rinunciato ad effettuare tali segnalazioni per i danni erariali cagionati dai propri colleghi o dipendenti omettendo consapevolmente di adempiere ai propri doveri di ufficio?
- ed ancora, perché non è mai stato attivato alcun procedimento disciplinare (almeno per quanto ci risulta) da parte dei vertici di ANAS nei confronti dei relativi responsabili?
- quali saranno le iniziative che ha assunto ed assumerà il Presidente dell’ANAS per questo immenso e perdurante danno di immagine procurato alla società di appartenenza da numerosissimi propri dipendenti (molti dei quali anche oggi ai massimi vertici della struttura organizzativa)?
- perché nella “Sezione Trasparenza” del sito istituzionale di ANAS Spa non vengono pubblicati tutti i dati delle controversie sorte nell’ambito dei singoli appalti unitamente ai nominativi dei soggetti incaricati quali responsabile del procedimento, progettista e direttore dei lavori?
Domande per le quali, con tutta probabilità, non verrà fornita anche questa volta alcuna risposta ma che, comunque, riformuliamo a futura memoria di coloro che, nulla facendo oggi, rischiano di sommare la propria responsabilità a quelle di chi, ieri, ha causato questo vero e proprio dissesto economico finanziario che rischia di mettere in forse la stessa continuità aziendale.