Il Consiglio di Stato bacchetta (indirettamente) la commissione di gara.

AppaltiLeaks segnala un’interessante sentenza del Consiglio di Stato depositata nei giorni scorsi.

Per leggere il testo integrale della decisione della Quinta Sezione di Palazzo Spada basta seguire questo link (Sentenza n° 94/2017).

Il tema principale è ancora una volta quello del sub-procedimento di verifica di anomalia; un tema spinoso e di sempre maggiore attualità che impone una riflessione, sempre più profomda, sull’adeguatezzaformativa (tanto in termini di composizione quanto di competenza) delle Commissioni di gara e sulla relativa capacità di scrutinare correttamente i profili di congruità di un’offerta (solo) apparentemente anomala.

Per non parlare delle diverse ipotesi – sempre più soventemente verificatesi in caso di ricorso all’istituto dell’accordo quadro “all’italiana” (ossia quello connotato da inesistenti progettazioni, documenti di gara ridotti all’osso, violazioni del principio di massima concorrenza, scarsa trasparenza delle operazioni di gara, ostacolo alla partecipazione da parte di micro, piccole e medie imprese e, soprattutto, artificiose aggregazioni degli appalti) – ove può capitare che la commissione di gara si faccia, quantomeno, tentare dalla possibilità di trasformare la discrezionalità tecnica propria della stazione appaltante nel malcelato arbitrio; perseguendo l’illecito risultato di “scegliersi” (lontano dai riflettori delle sedute pubbliche) il proprio contraente piuttosto che determinare quello più idoneo e conveniente.

Insomma un procedimento piegato a diventare il “dietro le quinte” delle operazioni di gara nel quale la “pelle dell’offerta” viene tirata, con altalenante direzione ed intensità, per scorrere la graduatoria, secondo meccanismi poco chiari e mutevoli, fino ad un risultato solo apparentemente  incontestabile….

Ma torniamo alla fattispecie portata all’attenzione del massimo organo di giustizia amministrativa, che nulla ha a che vedere, ovviamente, con le patologie sopra sinteticamente accennate.

Trattasi di una procedura ristretta per l’affidamento di un appalto integrato relativo ad un’opera viaria da realizzare in Abruzzo.

La prima classificata è l’ASTALDI, che secondo i dati pubblicati da Il Sole 24Ore è saldamente ancorata al secondo posto della lista delle prime quindici imprese di costruzioni italiane con un fatturato di circa oltre TREMILIARDI DI EURO. Un colosso imprenditoriale che opera da decenni nel settore delle costruzioni a livello mondiale e leader in Italia come General Contractor.

Alle sue dipendenze più di 11.000 dipendenti ossia circa il doppio di quelli della stazione appaltante ai quali appartengono i membri della commissione di gara che, nonostante tutto ciò, ritengono la relativa offerta economica inaffidabile e pertanto meritevole di esclusione dalla procedura di appalto: un affidamento di circa 60 milioni di euro, che incrementerebbe di poco più dell’1% il fatturato globale del concorrente….

In particolare, sembra che la commissione di gara abbia ritenuto che la proposta migliorativa di realizzare un cunicolo d’emergenza in affiancamento alla galleria principale presentasse “connotati di incertezza e contraddittorietà” per la mancanza di una dimostrata disponibilità di adeguata strumentazione tecnologica necessaria alla realizzazione delle relative opere (una fresa TBM) oltre che per la presunta inidoneità del mezzo alle occorrenze progettuali delineate nella proposta tecnica della stessa Astaldi.

Insomma le carenze organizzative e tecniche tipiche di un’impresa che riesce a fatturare tre miliardi di euro in giro per il mondo……

L’Astaldi fa ricorso ed il TAR Abruzzo lo accoglie poiché le risultanze del giudizio espresso dalla commissione di gara (come noto, chiamato ad una funzione meramente propositiva circa i risultati della competizione) non sono stati neppure sottoposti al vaglio provvedimentale della stazione appaltante procedente.

Il secondo classificato propone appello e dinanzi al Consiglio di Stato la stazione appaltante preme per il suo accoglimento.

Ma il Collegio ci va giù duro e dichiarandolo totalmente infondato nel merito, censura di fatto l’operato della commissione di gara: “non emergono dubbi di sorta sul fatto che Astaldi avrebbe avuto la disponibilità dei materiali necessari in quantità e secondo disponibilità adeguate” e “per quanto concerne i profili qualitativi (anch’essi valutabili ai sensi della lex specialis di gara), l’appellante non ha allegato elementi tali da revocare in dubbio la piena adeguatezza dell’offerta formulata da Astaldi, limitandosi al riguardo a formulare censure dal contenuto generico e indeterminato”.

Un contenzioso che, a leggere le motivazioni, avrebbe quindi potuto (o meglio dovuto) essere evitato?

Probabilmente si, ma sembra che i lavori saranno comunque eseguiti dalla parte soccombente in quanto la stazione appaltante ha, nelle more della definizione dell’appello, condiviso e fatto proprio il giudizio negativo di anomalia espresso dalla commissione di gara emettendo un nuovo provvedimento di esclusione in danno di ASTALDI e sanando così il deficit procedurale.

Evidentemente l’ASTALDI è più affidabile all’estero (dove fattura circa l’82% del valore totale della produzione) che in Italia ….

Ed al Consiglio di Stato – che, a quanto sembra dalla lettura della sentenza, non ha potuto travolgere la valutazione di carattere “tecnico”-discrezionale della stazione appaltante – non è rimasto altro da fare che occuparsi dell’appello del ricorrente per poter censurare, indirettamente, l’incongruenza delle medesima valutazione.

Un po’ come dire “parlare a nuora, perché suocera intenda”.

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