Gestione sinistri stradali, quando l’outsourcing può determinare un danno erariale.

Dopo più di cento anni di storia, ANAS avverte la necessità di affidare a privati anche lo svolgimento di compiti tecnico-amministrativi ordinari. Possibile che tra i più di 6.000 dipendenti, gli oltre 160 dirigenti e gli innumerevoli avvocati interni, non ci sia più chi possa occuparsi dei risarcimenti danni al patrimonio stradale? 

 

Il prossimo 23 marzo 2020 scadrà il termine per la partecipazione alla gara di appalto ANAS, denominata DGACQ 95-19. Come è prassi ormai consolidata di ANAS Spa, sul sito istituzionale non è possibile individuare, neppur in questo caso, né gli atti prodromici della procedura né quelli posti a base di gara: null’altro se non il solito Bando e Disciplinare.

Anche lo stesso “Progetto” (Capitolato Speciale d’Appalto di Servizi – Parte Generale, Capitolato Speciale d’Appalto – Parte Tecnica, Schema di Contratto e gli ulteriori documenti ad essi allegati) ed i relativi moduli di dichiarazione sono, incomprensibilmente, ‘secretati’ nonostante il fatto che il Responsabile Unità Acquisti Servizi e Forniture (Antonio CAPPIELLO), firmatario del Bando di gara, attesti nell’atto pubblico la loro “disponibilità in formato elettronico tramite la pubblicazione del Bando sul sito istituzionale ANAS, www.stradeanas.it, nell’apposita sezione “Fornitori – Bandi di Gara”, e sul Portale Acquisti ANAS, https://acquisti.stradeanas.it, all’interno della sezione “Bandi e Avvisi”.

Ad ogni modo, non è dell’ormai cronica opacità amministrativa di ANAS o dell’apparentemente illegittima del bando (per assoluta indeterminatezza dell’oggetto) che vogliamo occuparci, bensì della scelta strategica sottesa all’ignota determina a contrarre (Prot. CDG-0598315-I del 24/10/2019) assunta, si presume dal Responsabile del Procedimento (Antonio LOY), che ha ritenuto necessario affidare a un soggetto privato il “servizio della gestione dei sinistri stragiudizialiper una durata di 36 (trentasei) mesi, eventualmente rinnovabili.

Il tutto per la modica cifra di 700.000,00 euro; risorse economiche solo apparentemente modeste e che potrebbero essere più opportunamente essere impiegate per garantire la sicurezza degli utenti stradali che, quotidianamente, transitano su ponti e viadotti dalla dubbia stabilità.   

In verità non è neppure dato sapere a quali sinistri (attivi o passivi) ci si riferisca, cosa siano i “sinistri stragiudiziali” e se, solo per un uso improprio della lingua italiana, si voglia più ragionevolmente far riferimento alla “gestione stragiudiziale” delle richiesta di risarcimento per i danni cagionati al patrimonio stradale per effetto degli incidenti stradali.  

E, comunque, visto la mancata pubblicazione degli atti previsti dall’art. 29 del Codice, è a questi ultimi che faremo riferimento nel seguito del nostro intervento.

Ma prima di condividere le nostre osservazioni occorre capire bene l’ambito all’interno del quale è maturata questa innovativa e misteriosa scelta gestionale.

*  *  *

Il ripristino delle condizioni di sicurezza, a seguito del verificarsi di un incidente stradale, è un tema poco discusso, nonostante la questione rivesta un’importanza cruciale sia per la salvaguardia della sicurezza della circolazione stradale sia per evitare sprechi di danaro pubblico. Tutti i gestori e concessionari delle infrastrutture stradali sono, come è noto, responsabili della corretta conduzione e manutenzione, anche straordinaria, delle condizioni di viabilità, oltre che del corretto recupero e smaltimento dei rifiuti abbandonati sulla sede stradale, anche a seguito di incidenti.

Il D.P.R. 11 dicembre 1981, n.1126, tuttora vigente, regolamenta il servizio di manutenzione delle strade ed autostrade statali dell’ANAS.

In base a tale regolamento, ogni nucleo di manutenzione dovrebbe disporre di due o tre squadre di manutenzione [ciascuna composta da un capo cantoniere con la funzione di capo squadra + altri cinque componenti (cantonieri od operai)] che, durante l’orario di lavoro, dovrebbero eseguire gli interventi ed i lavori necessari per mantenere in buono stato la strada e le sue pertinenze.

Sempre in base a tale regolamento, ogni centro di manutenzione dovrebbe disporre di due squadre di emergenza [ciascuna composta da un capo squadra e da quattro componenti (cantonieri ed operai)] che, su chiamata dei superiori gerarchici o delle competenti autorità di polizia, dovrebbero intervenire per il ripristino della transitabilità ed il mantenimento dell’efficienza del patrimonio stradale nel caso di incidenti o di altre imprevedibili emergenze.

Nel corso degli ultimi anni, le strategie aziendali sembrano, tuttavia, essere difformi dal dettato normativo e concretizzarsi nel non impiegare più, in tale attività, le risorse umane disponibili né, tantomeno, nel volerle implementare il numero minimo dei relativi componenti. Tant’è che in alcune aree compartimentali l’effettiva consistenza del personale operativo si è ridotta, ci dicono, alla disponibilità del solo capo cantoniere sorvegliante. 

A fronte di tale circostanza o in concomitanza con tale politica del personale, gran parte delle attività proprie del ‘cantoniere’ sono state progressivamente esternalizzate per adempiere agli obblighi di istituto ed anche (almeno secondo il pensiero di qualcuno) per attendere ad una maggiore efficienza gestionale e per perseguire obiettivi di contenimento della spesa

Una serena analisi della situazione determinatasi a valle di tali scelte gestionali non può, tuttavia, non evidenziare che entrambi gli obiettivi prefissati sembrano essere stati disattesi e, a riprova di quanto appena detto, è sufficiente riflettere su una particolare (ex) attività propria del cantoniere, ormai da due decenni, stabilmente esternalizzate: il cd. pronto intervento per il ripristino dei danni cagionati da terzi al patrimonio stradale in occasione di incidenti.   

Per evidenziare le criticità che connotano tanto la fase dell’affidamento quanto quella esecutiva di tali procedure potremmo fare riferimento a centinaia di appalti di questo tipo (ad esempio quelle denominate BOLAV dal codice 07-17 a al codice 14-17 per l’appalto dei Lavori e Servizi di Pronto Intervento e manutenzione non programmabile, ripristino danni da incidenti ed emergenze lungo le strade dell’Emilia Romagna) ma rinviamo il discorso ad una prossima occasione.

Quello che ci interessa evidenziare invece è che, per garantirsi questo tipo di prestazioni, ANAS sostiene una serie di costi (diretti ed indiretti e sia fissi che variabili) che, per la gran parte dovrebbero essere poi recuperati attraverso il risarcimento dei danni erogati dalle compagnie assicuratrici dei soggetti responsabili degli incidenti stradali (laddove siano stati identificati).

A mero titolo esemplificativo, i costi sostenuti da ANAS possono essere così sinteticamente classificati:


Analizzando i dati esposti in Bilancio, è possibile affermare che ANAS – a fronte di tale moltitudine di oneri – non riesce ad ottenere un’entità di rimborsi assicurativi sufficiente a coprire neppure il solo costo sostenuto per garantirsi il Servizio di reperibilità delle unità operativa di Pronto Intervento h/24 che, come detto, costituisce una componente negativa di reddito fissa perché sostenuta anche in assenza di incidenti.

L’entità dei rimborsi assicurativi esposti nel Bilancio 2017 di ANAS ammonta, infatti, a soli € 5.958.000 e, con tutta probabilità, tali rimborsi non comprendono soltanto l’importo dei risarcimenti per i danni cagionati al patrimonio stradale ma anche altri tipi di indennizzi.

Ebbene, facendo riferimento agli appalti del Compartimento dell’Emilia Romagna (sopra citati) è possibile stimare, sia pure con approssimazione, che il costo complessivamente sostenuto da ANAS, a livello nazionale, per assicurarsi il solo Servizio di reperibilità delle unità operativa di Pronto Intervento h/24 ammonta, salvo prova contraria, ad una cifra superiore ai 5.000.000 di euro con un costo/km di circa 350 €/km.

Se, poi, a tali costi si sommano tutte le ulteriori componenti negative di reddito (dirette ed indirette) che non trovano compensazione nella quota dei rimborsi assicurativi il risultato netto di gestione determina una perdita complessiva annua stimabile nell’ordine dei 25-30.000.000 di euro considerando, unicamente, il numero dei soli incidenti gravi (con morti o feriti gravi) registrati dall’ACI nel corso del medesimo periodo.

Occorre osservare, in ultimo, che tale stima è, con tutta probabilità, destinata ad aumentare (o, quanto meno, a ritenersi tanto più affidabile) qualora si tenga conto che, spesso, i danni al patrimonio stradale sono cagionati anche da incidenti meno gravi (senza morti o feriti) e quindi non ricompresi nelle statistiche dell’ACI.

Ebbene, prima ancora che qualcuno possa obiettare che la scelta odierna di ANAS debba, quindi, essere salutata con favore e che, a fronte di una gestione interna di recupero dei risarcimenti oggettivamente inefficiente, la determinazione di esternalizzare anche la “gestione stragiudiziale dei sinistri” sia una scelta illuminata, è opportuno smorzare ogni ingiustificato entusiasmo.

A nostro parere non è affatto così e, probabilmente, qualcuno avrà partorito, troppo frettolosamente, quest’idea gestionale che rischia, però, di peggiorare la situazione esistente e, cosa più grave, cagionare un rilevante danno per l’Erario.

Occorre, infatti, tener conto dei seguenti aspetti ed interrogativi:

  • pagare qualcuno che dall’esterno (inutile nascondersi dietro inglesismi per ammorbidire l’inutile spreco di risorse pubbliche) si occupi anche della gestione stragiudiziale dei sinistri stradali aumenta solo i costi da sostenere per l’ottenimento degli indennizzi dovuti, dalle compagnie assicuratrici dei responsabili, per i danni cagionati al patrimonio di ANAS Spa;
  • l’apparente ingiustificato sostenimento di tali costi è ulteriormente comprovato dal fatto che ci troviamo di fronte ad un appalto di servizi e non ad un affidamento in concessione. Nell’appalto, come sicuramente sa il Responsabile del procedimento che l’ha promosso, non sussiste l’elemento del “rischio di gestione” perché le prestazioni delle due parti sono, fin dal momento della conclusione del contratto, determinate o almeno determinabili in base a criteri prestabiliti e non dipendono da eventi futuri ed incerti. Va da sé che, oltre ai costi sopra stimati (milione più milione meno), ANAS si troverà a sostenere ulteriori spese senza alcuna (apparente) certezza di miglioramento della gestione interna;
  • tenuto conto dei più di 6.000 dipendenti, dei 157 dirigenti, degli innumerevoli avvocati interni, qual è la motivazione per la quale occorre rivolgersi all’esterno? In relazione agli obblighi previsti dall’art. 3 del Legge 241/1990 quali sono i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato il responsabile del procedimento a ‘progettare’ questo appalto di servizi?
  • tenuto conto dei requisiti di qualificazione previsti dal disciplinare:
    • a quale mercato di riferimento ci si vuole rivolgere?
    • ci sono, in Italia, altri gestori di infrastrutture stradali che affidano in outsorcing a privati la gestione dei sinistri stradali? E, se sì, quali?
    • qual è il “settore di attività dell’oggetto dell’appalto” se neppure si comprende quale sia quest’ultimo?
    • quali e (soprattutto…) quanti operatori economici possono dimostrare un fatturato specifico in tale settore?
    • quali e (soprattutto) quanti operatori economici possono dimostrare la “disponibilità di strutture, risorse umane e mezzi organizzativi in grado di garantire una rete peritale su tutto il territorio nazionale”? A partire da quando dovrebbe sussistere questa rete peritale? Che caratteristiche minime dovrebbe, effettivamente, avere? Come sarà valutata una tale organizzazione, a maggior ragione che la comprova della sua esistenza è rinviata alla presentazione di una (non meglio specificata) “apposita documentazione utile allo scopo”…?

       * * *

Nel dialetto romano il “parafangaro” è un avvocato dedito a piccole cause per incidenti stradali o, più in generale, una pseudo-agenzia che, ben ‘collegata’ (…) con i periti delle società assicurative, promette un sicuro e cospicuo risarcimento per l’automobilista danneggiato da un incidente.   

In oltre cento anni di storia, ANAS (per quanto ci raccontano dal suo interno) non ha mai avvertito il bisogno di rivolgersi ad uno di questi ‘professionisti’ del settore per far valere la responsabilità di chi avesse colposamente danneggiato il proprio patrimonio stradale; sia pure con differenze territoriali ANAS ha sempre avuto, al suo interno, risorse umane tecniche, legali ed amministrative (in taluni casi estremamente preparate anche se riassegnate, ci dicono, ad altre e meno importanti attività) capaci di ottenere in tempi brevi il giusto risarcimento.

D’altro canto, appare davvero inspiegabile il perché il più grande gestore di strade ed autostrade italiano (capace di progettare e dirigere i lavori di infrastrutture viarie complesse) oggi si riduca a dover chiedere aiuto al ‘parafangaro’ di turno per periziare il danno subito da un metro di guardrail ed ottenere, dall’impresa assicurativa del relativo responsabile, il giusto risarcimento…

Certo, negli ultimi anni le cose sono fortemente peggiorate e l’outsourcing è diventata il paradigma gestionale con la conseguenza di una sostanziale progressiva dequalificazione del personale a semplice ‘passacarte’ in quasi ogni settore dell’attività istituzionale della società pubblica:

  • lo sfalcio dell’erba è affidato all’esterno;
  • lo sgombro neve è affidato all’esterno;  
  • il pronto intervento è affidato all’esterno;
  • il portierato è affidato all’esterno;
  • la pubblicazione degli avvisi legali è affidata all’esterno;
  • la copisteria è affidata all’esterno;
  • la gestione del portale acquisti è affidata all’esterno;
  • la gestione giudiziale dei sinistri stradali è affidata all’esterno;
  • l’assistenza al RUP è affidata all’esterno;
  • l’assistenza alla direzione lavori è affidata all’esterno;
  • l’assistenza tecnica con funzioni di ispettore di cantiere è affidata all’esterno;
  • e, perfino, la progettazione (fiore all’occhiello dell’ANAS di un glorioso passato ormai dimenticato) è affidata all’esterno.

ma tutto ciò non ha comportato alcuna riduzione del costo del personale che, anzi, è incredibilmente aumentato anche in ragione del più alto livello di qualificazione.

Oggi, ci troviamo di fronte all’ennesima esternalizzazione che, come ha già censurato la Corte dei conti più volte, è fonte di danno erariale ogni qual volta venga affidato l’incarico a terzi per lo svolgimento di compiti amministrativi ordinari. Il conferimento di un incarico esterno di collaborazione si configura, infatti, come eccezione alla regola basata sul principio di buon andamento, secondo cui la Pa deve svolgere le attività di competenza e perseguire i propri obiettivi istituzionali avvalendosi essenzialmente delle risorse umane disponibili al suo interno. Ne consegue che l’affidamento di un incarico a un soggetto terzo privo di un’elevata e comprovata specializzazione professionale si configura ex se quale fattispecie produttiva di danno erariale, rispetto alla quale non ha valenza esimente (e neppure attenuante) la circostanza che nell’ambito dell’amministrazione interessata vi sia la prassi di conferire incarichi di collaborazione a soggetti esterni anche per l’espletamento di mansioni amministrative ordinarie.

Ovviamente saranno le Autorità (interne ed esterne) preposte al controllo di ANAS a dover valutare se l’appalto di cui vi abbiamo parlato rientri in tali fattispecie ma due quesiti finali vogliamo, comunque, porli alla Corte dei Conti:

  • tenuto conto che i contratti di pronto intervento (di cui disponiamo) prevedono che l’appaltatore debba provvedere anche alla “identificazione puntuale di chi provoca il danno, stima dei danni subiti e quant’altro necessario per il recupero dell’importo dei danni ad ANAS e/o ripristino dei luoghi con rimborso diretto allo stesso appaltatore secondo lo schema consegnato al momento della consegna dei lavori” perché mai sostenere ulteriori costi per le medesime attività?

  • ed infine, tenuto conto che centinaia di stazioni appaltanti italiane utilizzano, da anni, la formula del “servizio di ripristino post incidente nella formula zero costi per le amministrazioni e per i cittadini”, ricorrendo alla “Concessione di Servizi” (disciplinato dall’art. 30 del codice dei Contratti pubblici) senza pagare alcunché per l’esecuzione degli interventi, perché mai andare contro corrente e continuare a spendere milioni di euro ottenendo un risultato negativo?

p.s. – A chi fosse convinto di operare correttamente e di non potersi in futuro trovare nella stessa situazione di alcuni suoi colleghi recentemente condannati dalla Corte dei Conti (vedi articolo ANAS. Corte dei conti condanna record per molti dirigenti in servizio. Cosa farà Simonini?) suggeriamo l’attenta lettura di “Consulenze esterne o affidamento di incarichi esterni: la Corte dei Conti indica i parametri che escludono il danno erariale“, un’utilissima nota a sentenza del Prof. Avv. Enrico Michetti. Riguarda sempre  l’ANAS e, anche risale al 2013, pare proprio attualissima. Buona lettura.  

 

AppaltiLeaks® – Riproduzione riservata – 28 febbraio 2020

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