Pandemia da accordi quadro sotto soglia: frazionamenti, duplicazioni e massimo ribasso dilagano in tutta Italia.

Tutti concentrati sull’emergenza del corona virus ma un’altra epidemia sembra non avere più freni: quella degli accordi quadro all’italiana. Mentre gli ospedali sono al collasso ed i medici devono scegliere chi salvare dalla morte o meno, il Governo spende una montagna di soldi per tappare le buche (ancora?) anche su sperdute strade di montagna. Tutto normale?

Avvertenza – Lo precisiamo sin dall’inizio: non riteniamo, in alcun modo, che quanto di seguito evidenziato possa ritenersi indice di pratiche volutamente scorrette e non nutriamo il benché minimo sospetto circa il comportamento di funzionari, dirigenti e amministratori delle stazioni appaltanti e degli operatori economici che, ne siamo convinti, avranno adottato ogni atto e/o provvedimento ispirandosi, sempre e comunque, al massimo ed effettivo rispetto dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento che sottendono l’agire della Pubblica Amministrazione. Siamo pronti, comunque, a pubblicare atti, documenti e repliche di tutti coloro che volessero intervenire. 

* * *

Anas (Gruppo FS Italiane) ha, appena, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 76 nuovi bandi gara da 380 milioni di euro complessivi, su tutto il territorio nazionale, nell’ambito del piano #bastabuche“. Così recita il comunicato stampa della società pubblica, che dà l’avvio alla settima tranche di finanziamenti del programma da quasi 2 miliardi di euro lanciato nel lontanissimo 2015 con lo scopo di pavimentare le strade gestite Anas.

Un’attività manutentiva necessaria in tempi normali ma che, in un momento come questo, fa sorgere una serie di perplessità, dubbi e interrogativi che non possono essere sottaciuti. Tanto più per le modalità e le tempistiche con le quali viene posta in essere.

Mentre ci raccontano dei suoi uffici di fatto chiusi, dei responsabili del procedimento praticamente introvabili, del personale collocato in ferie obbligatorie, del telelavoro imposto a dipendenti sprovvisti però degli strumenti per svolgerlo ed essere monitorati, degli stati di avanzamento bloccati e dei cantieri deserti, l’ANAS sembra convinta che la priorità nazionale siano le buche stradali. 

Non sappiamo se, a Porta Pia o a Palazzo Chigi, condividano questa scelta ma, a nostro parere, sarebbe il caso di deviare questo fiume di denaro (lo ripetiamo TRECENTOTTANTAMILIONI di euro) per comprare qualche mascherina o ventilatore polmonare in più o per dare in sostegno economico ad imprese e famiglie; anche perché sono ormai cinque anni che il piano #bastabuche è stato varato e, in tutto questo tempo e con tutti i soldi spesi, anche la superficie lunare, costellata dai famosi crateri, sarebbe diventata liscia come una palla da biliardo. 

Ma non è della gestione strategica di ANAS che vogliamo parlare (se per il Governo nazionale il rifacimento della pavimentazione di una sperduta statale di montagna è più importante della vita degli italiani, non resta che prenderne atto) bensì delle modalità operative attraverso le quali si persevera ad affidare miliardi di euro nella più assoluta opacità amministrativa ed indeterminatezza dell’oggetto dell’appalto.

A maggior ragione per il fatto che la scadenza per la presentazione delle offerte è fissata per il prossimo 21 aprile e l’intero mondo imprenditoriale dovrà scontrarsi confrontarsi con l’oggettiva difficoltà/impossibilità di effettuare i necessari sopralluoghi, di richiamare in ufficio i propri dipendenti, di contattare consulenti, stringera accordi commerciali con i fornitori di conglomerato e, quindi, di allestire le proprie domande di partecipazione. E invece no, anche la più piccola buca sulla stradina di montagna deve essere tappata! Ma quante ce ne saranno mai? E, soprattutto, perché pensarci proprio adesso che nessuno può circolare e tutte le stazioni appaltanti stanno sospendendo le gare in corso?

Andiamo avanti.

Era il lontano 2015 quando (seguito da un codazzo di dirigenti assunti senza concorso) arrivò, in Via Monzambano, il manager Gianni Vittorio Armani (poi accompagnato alla porta sotto il peso di imbarazzanti di interrogazioni parlamentari che denunciarono ombre e sospetti sulla sua gestione) e, proprio in quell’anno, fu inoculato in ANAS il virus dell’accordo quadro all’italiana. Un virus pericolosissimo che da quel momento fu contrabbandato, invece, come l’antidoto salvifico per curare ogni male degli appalti. Ovviamente non è stato così e, nonostante le dogmatiche asserzioni ormai ripetute in ogni comunicato stampa (“Gli appalti, di durata quadriennale, saranno attivati mediante Accordo quadro, che garantisce la possibilità di avviare i lavori con la massima tempestività in relazione alla programmazione della manutenzione delle strade, senza dover espletare ogni volta una nuova gara di appalto, consentendo quindi risparmio di tempo e maggiore efficienza nell’esecuzione”), i risultati negativi – questi, sì, sicuramente ottenuti – possono essere così sinteticamente elencati:

  • esternalizzare persino la progettazione degli interventi di manutenzione sempre tramite accordi quadro (quasi tutti, ci dicono, fermi al palo);
  • mandare in gara miliardi di euro senza lo straccio di un progetto (anche solo definitivo),
  • sollecitare la presentazione di offerte ‘al buio’ da parte delle imprese,
  • disporre l’aggiudicazione sulla base di valutazioni discrezionali al limite dell’arbitrio (vedi contenziosi in essere presso i TAR di mezza Italia),
  • eludere sistematicamente ogni valutazione di congruità delle offerte anomale (grazie alla mancata riparametrazione e nonostante la proposizione di costosissime migliorie),
  • affidare appalti ad imprenditori apparentemente privi dei requisiti di qualificazione di cui all’art.80 lettera c),
  • ammettere operatori economici rinviati a giudizio nei confronti dei quali ANAS risulta essersi costituita costituita parte civile in delicatissimi processi penali,
  • ammettere operatori economici nei confronti dei quali è pendente (a quanto ci riferiscono) una procedura di risoluzione contrattuale per grave inadempimento da parte della stessa ANAS,
  • creare (ancorché inconsapevolmente) una coltura batteria ottimale per il proliferare di episodi di corruzione e concussione tra i soggetti preposti alla conduzione dell’appalto e le imprese affidatarie degli accordi quadro (vedasi inchiesta di Catania, forse solo la prima),
  • e, cosa non meno importante, non pubblicare sul sito istituzionale neppure il nome dei fortunatissimi (e troppo spesso ricorrenti) aggiudicatari delle commesse multimilionarie.

Tutti aspetti, questi, che speriamo vengano smentiti da qualche coraggioso responsabile del procedimento disposto a difendere le gare di appalto svoltesi sotto la propria regia e che voglia rendere pubblici, sul nostro sito, atti e documenti di uno qualsiasi degli accordi quadro: partendo dalla determina contratto e poi, via via, fino al certificato di collaudo.   

Eppure pare proprio che tutto ciò non fosse sufficiente ed ecco, quindi, l’apparente necessità di fare un passo in più…

I settantasei bandi di gara di cui discutiamo presentano, infatti, ulteriori peculiari ‘caratteristiche’ in merito alle quali qualcuno dovrebbe, finalmente, pretendere spiegazioni (non di certo noi che non siamo neppure riusciti, fino ad ora, a far sì che fossero rispettati quanto meno gli obblighi di pubblicità e trasparenza previsti dall’art. 29 del vigente codice degli appalti).

1. IL CALCOLO DEL VALORE STIMATO DELL’APPALTO – L’art. 35, comma 6, del Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici) prevede che “Un appalto non può essere frazionato allo scopo di evitare l’applicazione delle norme del presente codice tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino“. Fino al momento dell’entrata in vigore del Decreto c.d. Sblocca Cantieri (D.L. 32 del 18 aprile 2019 poi convertito con L. n. 55 del 14 giugno 2019), ANAS era usa mandare in gara mega-appalti tarati su dimensione sovraregionale o regionale e da aggiudicarsi con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Non sappiamo se tale scelta fosse il frutto di una ragionata programmazione o, piuttosto, un’obbligata sopportazione dei castranti limiti di utilizzabilità del criterio del minor prezzo (cui poteva farsi ricorso soltanto in pochissimi casi) ma è innegabile che, da giugno dello scorso anno (ossia dall’entrata del cd. Sbocca cantieri), la situazione è radicalmente cambiata e si è ritornati a frazionare gli affidamenti anche all’interno della stessa Regione (come vedremo in seguito nella piccola Abruzzo sono, ad esempio, addirittura tre). In verità la scelta (ancorché apparente inopportuna ed inspiegabile) è pur sempre formalmente legittima: ANAS, al pari di molte altre stazioni appaltanti, si avvantaggia evidentemente del frutto delle scellerate scelte di un legislatore miope che ha ridato libertà assoluta all’opzione “massimo ribasso” con buona pace dei cartelli di imprese e delle criminalità mafiosa che, da sempre, utilizzano vari trucchetti per riuscire a dirottare (nonostante gli inutili algoritmi matematici) l’aggiudicazione verso il proprio gruppo di imprese. 

E quindi via! Il sistema dell’offerta economicamente vantaggiosa è stato sostanzialmente abbandonato e dove ci sarebbe stato un unico appalto diviso in lotti (relativamente al quale, ANAS vietava perfino che uno stesso concorrente proponesse offerta per più di uno di essi) oggi ne troviamo addirittura SETTANTASEI con la concreta possibilità, sia pur remota, che una stessa impresa (o meglio uno stesso cartello) ne porti a casa una gran parte. Peraltro, senza offrire alcuna miglioria e proponendo un ribasso inferiore a quello che avrebbe offerto nell’ipotesi di aggiudicazione con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Eppure, anche, nelle Linee Guida n. 4 (approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 1097 del 26 ottobre 2016 e aggiornate con delibera n. 206 del 1 marzo 2018), l’ANAC è riportato al punto 2.1: “Il valore stimato dell’appalto è calcolato in osservanza dei criteri fissati all’articolo 35 del Codice dei contratti pubblici. Al fine di evitare un artificioso frazionamento dell’appalto, volto a eludere la disciplina comunitaria, le stazioni appaltanti devono prestare attenzione alla corretta definizione del proprio fabbisogno in relazione all’oggetto degli appalti, specialmente nei casi di ripartizione in lotti, contestuali o successivi, o di ripetizione dell’affidamento nel tempo”.

Rispettando questo semplicissimo concetto, un RUP diligente e corretto non potrebbe e non dovrebbe spezzettare l’appalto in più lavoretti per eludere l’obbligo di indire una gara europea (superiore alla soglia di 5.000.000 di euro) né ricordarsi, in maniera potenzialmente fraudolenta, di realizzare altri lavori dello stesso tipo di quelli affidati solo pochi mesi prima; tanto più se ciò è avvenuto nello stesso ambito regionale di sua competenza e se si tratta di manutenzione ordinaria. Nell’ambito di una programmazione degna di questo nome, il nostro RUP dovrebbe, infatti, impegnarsi seriamente per accorpare tutti gli interventi similari e contestuali e poi procedere all’eventuale suddivisione in lotti. Non far diventare questi ultimi tanti appalti separati e fermare furbescamente la propria progettazione all’importo di 4.999.999 euro.

E questo lo ricordiamo ai tanti RUP che, non avendo mai avuto occasione di leggere né il codice degli appalti né le numerose sentenze della Cassazione (che ha, già, ritenuto responsabile del reato di abuso di ufficio il RUP di una Stazione Appaltante che frazioni artificiosamente un appalto), potrebbero impiegare il tempo oggi, forzatamente, trascorso a casa per dedicare più tempo allo studio per preparare le giuste risposte nel caso qualcuno bussasse prima poi alla loro porta.

2. LA RAVVICINATA RIPETIZIONE DEI MEDESIMI INTERVENTI DI MANUTENZIONE – La totale assenza di elaborati progettuali posti a base di gara e l’apparente frazionamento degli appalti in un lasso di tempo estremamente ridotto, offre lo spunto per ulteriori riflessioni. Prendendo ad esempio tre degli appalti di cui discutiamo (quelli relativi all’Abruzzo ed identificati con il codice AQ 02/20, AQ 03/20 e AQ 04/20) e confrontandoli con quelli banditi pochissimi mesi fa nella medesima Regione (AQ 21/19, AQ 22/19 e AQ 23/19) è possibile notare che:

  • sono tutti accordi quadro quadriennali
  • hanno tutti ad oggetto l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria della pavimentazione;
  • l’importo a base di gara è per tutti identico (€ 5.000.000,00)
  • l’importo e le categorie delle lavorazioni sono esattamente le stesse per tutti gli appalti (OG 3 importo: € 4.725.000,00 + OS 10 importo: € 275.000,00)
  • per nessuna delle sei procedure è stato posto a base di gara un progetto (neppure definitivo)
  • e perfino i tratti stradali oggetto di manutenzione (ancorché rimescolati e con qualche errorino…) sono gli stessi:

e queste le relative rappresentazioni grafiche

E tutto ciò senza voler tener conto dell’ulteriore Accordo quadro (denominato DG 99/19) appaltato a novembre del 2019 per altri 520.000.000,00! (qui le strade abruzzesi interessate)

A questo punto, poniamo alcuni interrogativi a chi vorrà cercare una risposta e far luce su questo modus operandi:

  • se l’accordo quadro “garantisce la possibilità di avviare i lavori senza dover espletare ogni volta una nuova gara di appalto” come mai dopo neppure sei mesi si è manifestata la necessità di una nuova identica gara di appalto?
  • se gli accordi quadro di qualche mese fa avevano una durata quadriennale, possibile che si siano già esauriti? E se così fosse, non era prevedibile che le esigenze manutentive non avrebbero potuto svilupparsi in un periodo così lungo? appaltare due identici accordi quadro, di durata quadriennale, in un così ristretto periodo di tempo può considerarsi la prova di un artificioso frazionamento dell’appalto?
  • non sarà mica che lo strumento dell’accordo quadro è stato utilizzato per eludere l’obbligo di porre a base di gara un progetto esecutivo? chi e secondo quali priorità ha deciso quali e quanti contratti applicativi attivare in questi mesi?
  • se gli accordi quadro di qualche mese fa (aggiudicati per i medesimi lavori sulle stesse, identiche, tratte stradali) si sono già esauriti, i prossimi aggiudicatari delle gare oggi bandite cosa dovranno concretamente fare? riasfaltare la stessa strada appena messa a nuovo? non ci troveremmo, in tale evenienza, di fronte ad un intollerabile spreco di denaro?
  • se, invece, si dovrà intervenire su tratti differenti delle medesime arterie stradali, perché i prospetti delle gare di oggi e di ieri sono sostanzialmente identici? per consentire una più consapevole partecipazione dei concorrenti non sarebbe stato opportuno indicare quelli già asfaltati nel corso degli ultimi mesi?
  • quando si scoprirà che gli affidatari degli appalti gemelli vengono remunerati in modo differente per le fornire le medesime prestazioni sulle stesse tratte stradali, chi sarà responsabile per il danno erariale cagionato per il diverso ribasso di aggiudicazione?
  • chi sarà responsabile per il danno erariale determinato dalla deliberata ed irragionevole rinuncia alle migliorie che si sarebbero potute ottenere ricorrendo al sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa?

Questo è quanto.

Proseguire con le domande sarebbe come infierire su un malato, e di malati ce ne sono già, purtroppo, tantissimi. Sicuramente più delle buche.   

AppaltiLeaks® – Riproduzione riservata – 18 marzo 2020

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